Rovigo, Veneto – La violenza sulle donne non ha giustificazioni così come non conosce eccezioni dovute alla ricchezza, alla classe sociale, cultura e professione della donna. Dietro c’è solo la brutalità di un uomo egoista, incapace di accettare i propri limiti, superare la propria fragilità e immaturità.
  Le recenti giornate, celebrate in tutto il Paese, per sensibilizzare l’opinione pubblica contro quello che risulta un vero e proprio massacro di innocenti, ha evidenziato i numeri inaccettabili della violenza sulle donne perpetrata anche in Polesine. Le citiamo per sollecitare l’impegno di tutti: di chi sa e chi sospetta; di famigliari e amici, per non tacere, per dare sostegno alle vittime, comprensione, vicinanza.
     Nel periodo luglio 2015 – fine giugno 2016, il Centro Antiviolenza del Polesine ha accolto 56 donne, il 30,36% di loro tra 41 e 50 anni; il 26,79% da 21 a 30 anni; il 23,21%, fra 30 e 40 anni. Nel 67,86% dei casi, si tratta di donne italiane; il 51,79% sono coniugate e il 75% di loro hanno figli. In quanto alle condizioni economiche , il 42,86% ha una occupazione: il 26,79% è disoccupato; nell’8,93% si tratta di casalinghe.
    A commettere violenza, nel 55,36% dei casi sono i mariti; per il 17,86% si tratta di conviventi; gli ex fidanzati sono il 12,5%. In relazione alla cittadinanza, il 76,79% è cittadino italiano; nel 31,43% dei casi hanno età compresa fra 31 e 40 anni.  La stessa percentuale riguarda i soggetti fra 41 e 50 anni. Nel 53,57% dei casi, i soggetti violenti hanno un lavoro e nel 37,5% dei casi, la violenza viene scaricata anche sui figli.
     In tutta Italia e anche nella nostra città, alla violenza contro le donne, oggetto di tre giornate di manifestazioni, dal 25 al 27 novembre, è stata espressa condanna con spettacoli, riflessioni, letture, testimonianze di donne che hanno vissuto la dolorosa esperienza in prima persona. Donne che hanno perdonato, e sono tornate a subire botte e imposizioni; che hanno denunciato e poi ritrattato per paura, per mancanza di risorse e di un luogo dove rifugiarsi assieme ai figli. Poi hanno incontrato gli operatori dei Centri Antiviolenza e hanno trovato la forza di reagire, di denunciare i maltrattamenti subiti e iniziare una nuova vita.
   ‘Non una di meno‘, il titolo dell’ evento che ha coinvolto tutta lItalia con lo scopo di sostenere i Centri antiviolenza e poter continuare l’opera di sostegno e accoglienza verso le donne maltrattate e loro figli e, a Rovigo, è stato seguito da un pubblico, molto numeroso e partecipe, nell’Auditorium del Conservatorio ‘F. Venezze’, domenica scorsa. In programma, lo spettacolo organizzato dai volontari del Centro Antiviolenza e da Atelier Danza – corpo di ballo e Binta Colley – musicista  in collaborazione con: Arci, Caritas, cooperativa Peter Pan. Spunti diversi di coinvolgimento  per smuovere la coscienza di tutti e diffondere la cultura della non violenza, ad iniziare dai giovani.
     Bellissime le coreografie del corpo di ballo di Atelier danza cui si sono alternate riflessioni di donne, letture di pagine tratte dal libro ‘Passi affrettati’, di Dacia Maraini. Racconti dal vivo di donne senza voce e senza diritti, accomunate dallo stesso destino in paesi sparsi su tutti i continenti. Uomini frustrati, sfruttati, incapaci di accettare le difficoltà della vita, l’insoddisfazione di se stessi. Rabbia cieca e rancore verso tutto e tutti che si riversa sulle persone deboli che stanno vicino.
 Sono state offerte alcune riflessioni di Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dall’uomo che non accettava il suo abbandono. Storie di rapporti malati  dove la donna diventa dipendente dal dolore che l’amore le causa. La violenza quotidiana che la donna subisce nei paesi dove l’essere femminile è ‘proprietà’ dell’uomo che la prende in moglie. Infine, la testimonianza diretta di una ragazza del Gambia, ora a Rovigo con lo status di rifugiata, ‘venduta’ dalla famiglia in sposa a uno sconosciuto che la teneva segregata in una stanza. Un giorno, riportano a casa il marito gravemente ferito che le muore fra le braccia. Lei, sconvolta, chiede aiuto alla gente del villaggio ma questa, vedendola con il vestito macchiato di sangue, la accusa di omicidio e la condanna ad essere sepolta viva, assieme al marito.
Lauretta Vignaga