Di pomeriggio, sul prato, ascoltando i Sonetti di Shakespeare

Rovigo, Veneto –   Un pomeriggio di piena estate, quello di domenica 16 giugno. Il  sole, ancora alto,  bagna di luce un prato verde che declina dolcemente  verso le recinzioni delle case attorno. Nella parte alta , dove il prato comincia,  c’è  la sede di Spazio  Contemporaneo, il luogo dove  Romina Zangirolami, danzatrice e coreografa, svolge la sua attività e ospita gli eventi del ‘Teatro in bustine”, un teatro a dimensione ‘familiare’ dove gli spettacoli  aiutano a riflettere e confrontarsi  sulla realtà presente
 Lo spettacolo annunciato andava in scena su quel prato verde, dove tutti si erano accomodati. Il tema, piuttosto insolito ma affascinante e tutt’altro che noioso, riguardava la recita cantata dei Sonetti di Shakespeare, il  più grande e famoso poeta inglese. Innamorato della vita e dell’amore  Shakespeare ne ha celebrato le gioie  in tutte le loro sfumature, incitando i giovani a goderne finchè è possibile, finchè la giovinezza brilla sui loro volti,  prima che la vecchiaia e la morte  mettano fine a tutto.  Protagonisti del concerto  ‘I Bettedavis’, duo formato da Elisabetta Mazzullo, canto e voce recitante, e  Davide Lorino, alla chitarra. Traendo ispirazione dai sonetti originali del grande poeta,  Mazzullo e Lorino, appassionati di musica  folk oltre che delle composizioni di genere cortese, creano atmosfere intime e delicate che inducono gli spettatori a rievocare i giorni passati e assaporare la malinconia che i sonetti suscitano ricordando la giovinezza perduta. Graziosamente seduti sotto la chioma di una pianta di albicocche dorate, cresciuta alla fine del prato,  Elisabetta e Davide hanno deliziato  i numerosi spettatori, con suoni acustici, voce, oboe, e percussioni,  offrendo un  concerto che è un viaggio dentro ai ricordi di ciascun di noi.

Con piglio tra ironico e faceto, i ‘Bettedavis, hanno introdotto il giovane Shakespeare, immaginandolo, di buon mattino, mentre, dalla finestra della sua camera, nella casa di Stratford, sul fiume Avon, dove abitava, contempla il paesaggio: le montagne, le nuvole e il fiume che scorre.  E spiegano  che i ‘Sonetti’ sono una raccolta di 154 composizioni poetiche che spaziavano dal tempo tiranno, che  fugge  alle gioie  dell’amore, alla bellezza e alla sua fragilità, la precarietà della vita e l’ineluttabilità della morte che tutto travolge e distrugge. I primi 126 Sonetti  sono indirizzati ad un giovane nobile, identificato con   Henri di Southampton  che la madre incitava a prendere moglie  per dare continuità alla stirpe.  Evento che non sembrava interessare il giovanotto.  In  tal senso il sonetto n° 1 è la composiione più bella dedicata all’amore. Eccone un saggio” Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie affinché la rosa della sua bellezza non si debba estinguere un giorno ma possa un suo germoglio continuare la memoria……..Altra piccola meraviglia offerta dai Bettedavis  è il sonetto n° 18:  ” Posso paragonarti ad un giorno d’estate ?  Tu sei più amabile e tranquillo. Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di Maggio….E il Corso  dell’estate ha fin troppo presto una fine….  Ma la tua eterna estate non dovrà svanire…..Ne perder la bellezza che possiedi… Nè dovrà la morte farsi vanto che tu vaghi nella sua ombra….Quando in eterni versi nel tempo tu crescerai…….   Gli ultimi 28 sonetti sono indirizzati  ad una dark lady, donna dagli occhi e dai capelli scuri. La raccolta  fu pubblicata da Thomas Thorpe nel 1609  pur se alcuni fossero già stati pubblicati in una miscellanea del 1599. Probabilmente, l’autore iniziò a scriverli verso gli anni Novanta del 500. e nel 1604 la raccolta era completa. Nei primi 17 sonetti, tutti ispirati all’amore, predominano  i consigli, gli inviti e le sollecitazioni del poeta che insiste nel vagheggiare la bellezza e la gentilezza del nobile Henri , quasi  fosse invaghito di lui.

 

     ” Nulla del genere, tuttavia,” – ha ironizzato Isabella Mazzullo. “In effetti Shakespeare non ha mai voluto inserire dettagli autobiografici nelle sue opere. L’amore di cui si parla è da intendersi come amore platonico”. Il sonetto n° 18 è il più famoso di tutti. Qui la potenza poetica dell’autore riesce a rendere eterno l’amore. In queste frasi, William  paragona il suo amore  alla bellezza del giovane che, come quella,  non finirà mai e vivrà in eterno. Poco oltre,   nel sonetto n° 29, la poesia esplora l’idea che l’amore sia in grado di far stare bene con se stesso chi ama, curando ogni suo male.
Il Sonetto 110  canta l’amore romantico, inteso come ideale e vero. ” L’amore sincero e duraturo non muta nonostante i cambiamenti e resiste al passare del tempo. Ma se tale amore non esiste, vuol dire che nessuno ha mai amato nel senso profondo che io ho descritto”  – afferma.     
Diverso il contenuto della composizione n° 130.  La  destinataria è la donna amata dal poeta e il testo inizia descrivendo tutti i difetti della sua innamorata  per contrapporla all’ideale romantico della donna Angelo; in  effetti – conclude – è meglio una donna vera, seppure  imperfetta, che una donna ideale ma inesistente.
A dimostrazione dell’ attualità e modernità  di pensiero  di William Shakespeare  la conclusione del concerto è stata affidata  al  sonetto n°66 che, pur ispirato all’amore, parla del mondo e della società di quel tempo con realismo tagliente e  sguardo senza illusioni. Nulla di diverso da come appare oggi il nostro.  mondo.
“Stanco di tutto, invoco la pace della morte:  Per non vedere il merito vivere mendicando,    e lo squallido Nulla ornato di eleganza,        e la più pura Fede miseramente rinnegata,   E splendidi onori indegnamente conferiti,    e l’innocente  Virtù brutalmente prostituita,         e la retta Perfezione ingiustamente profanata,       e la forza debilitata dai poteri inetti,       E l’arte imbavagliata dalle autorità,         e la Follia, fatta dottore, umiliare il Genio,       e la pura Verità confusa con semplicità,    e il Bene reso schiavo del prepotente Male.
 Stanco di tutto  questo, vorrei andarmene lontano,          non fosse che, morendo, lascerei il mio amore        solo.”
Lauretta Vignaga