Al Teatro  Studio il dialogo impossibile tra il drammaturgo e le voci registrate di un pubblico di oggi

Rovigo, Veneto –  ‘Shakespearology’, spettacolo per un solo interprete, rappresentato al Teatro Studio, lo scorso 8 febbraio,  riporta sulla scena, dopo secoli dalla morte, il più grande drammaturgo di tutti i tempi: William Shakespeare. Impersonato dall’attore Woody Neri, della compagnia fiorentina: ‘Teatro Sotterraneo’, il  protagonista è entrato in campo, chitarra imbracciata, tra accordi pop  e le note di una romantica ballata di Elvis Presley. Il suo arrivo mette in agitazione  il pubblico virtuale, ansioso di conoscere fatti ed eventi della sua vita.
“Raccontaci della città dove sei nato: Stratford -upon – Avon, del tuo lavoro come guantaio e del matrimonio, a 18 anni, con una giovane di ventisei. La nascita di una figlia e, qualche anno più tardi, di  due gemelli. Un peso economico inaffrontabile per  un guantaio. Te ne sei andato a Londra in cerca di fortuna, abbandonando tutti.”.
Alle voci che lo apostrofano il poeta chiede quanto tempo gli è concesso. “Poco più di una cinquantina di minuti” – la risposta.
“Tanti quanti gli anni che hai vissuti sulla terra”.

Per il protagonista è una situazione dura da affrontare. A Londra aveva iniziato a fare teatro fra difficoltà e scarsi guadagni. Inoltre, provava rimorso per la morte di un figlio di cui si era dimenticato.  Risponde, divagando,su vari argomenti: dall’ imbarco per la guerra contro la Spagna all’incontro con l’ Invincibile Armata che si apprestava ad invadere l’Inghilterra. Dichiara  di aver fatto amicizia con Cervantes e di essere fuggito su una nave pirata.  Rammenta il capitano Acab e di aver  dato la caccia alla balena bianca assieme a lui.
Poi perde i sensi ma la sua mente continua a vagare: dal ricordo di un film famoso alle strade di Londra. Dai teatri che avevano cominciato a sorgere fuori dalla città, dove venivano messe delle tavole di legno per non infangarsi le scarpe, ai recinti dove adattati ai combattimenti con animali.
Si arriva, così, al 1592.  Le cose  stanno cambiando e William Shakespeare ha cominciato a scrivere i suoi primi endecasillabi. Volgendosi al suo ipotetico pubblico chiede qual’è stato il primo film su Romeo e Giulietta, scritto da lui, che hanno visto.   “Eri bravo come attore?” – gli si chiede. “Mi ricordo Verona” – risponde. I Capuleti e Terenzio; una cadillac rosa e cespi di fragole. Poi scoppia la peste e Romeo convince Giulietta a fuggire”.
” Il teatro è ormai la strada segnata per Shakespeare” – si mormora fra il pubblico. “Sempre pronto a sfruttare le occasioni giuste.   Elegante, distinto, non disdegna le donne e neppure gli uomini; coglie tutte le occasioni per fare soldi facili”. Proseguendo nel tentativo di sminuire il suo valore di drammaturgo, le voci del pubblico sussurrano che le sue tragedie  sono copiate; il vero autore è Bacon e altri scrittori che collaborano con i ‘Lord’s Chamberlain’s men.

Siamo nel 1596. Muore il figlio maggiore di William ma egli è lontano. ” Ma come riesci ancora a scrivere dopo la morte di tuo figlio ?” – commentano le solite voci.
Nonostante tutto, la vita continua e William scrive una tragedia da una parte e una commedia dall’altra; in due settimane ciascuna. Per i suoi spettacoli osserva e studia tutti i personaggi che passano per la strada. Sta per finire ‘Otello’. Siamo all’inizio del ‘600: il ‘Falstaff’ , musicato da Giuseppe Verdi, è quasi finito e la compagnia teatrale di William Shakespeare ha il privilegio di recitare davanti alla famiglia reale.   Tutti parlano di lui, della sua carriera e del fatto che sta costruendo il ‘Globe’, il ‘suo’ teatro, il più bello di Londra.
” Sembrava che ‘the Tempest’ fosse l’ultima fatica, invece…. hai descritto morti atroci che si sono materializzate davanti a centinaia di spettatori:  Macbeth, Giulio Cesare, Marco Antonio, Cleopatra…… poi il silenzio e la sua stessa morte.  (Tutti i diritti riservati)

Lauretta Vignaga