Rovigo, Veneto –    Nell’ambito del nuovo programma sociale e culturale del Circolo Arti Decorative di Piazzetta Annonaria per il 2018, ha trovato spazio una iniziativa di notevole spessore: un intero mese, quello di marzo, dedicato alla conoscenza della Pop Art, corrente artistica tra le più note e discusse della storia dell’arte contemporanea. In parallelo, sono state organizzate le mostre di due artisti che nella Pop Art hanno trovato il loro punto di riferimento: Monica Merlante ed Emanuele Marinaro.
  Nata fra Europa e America negli anni ’50 e ’60 del 20° secolo, la ‘Pop Art’ – Arte della società di massa – è una modalità espressiva che  parla il linguaggio aggressivo e impersonale della società dei consumi e dei mass media. Alle sue radici, la crisi attraversata dall’arte non figurativa, l’espressionismo, in particolare, che spinse gli artisti più giovani a cercare nuove forme di comunicazione, come l’ingrandimento di forme e immagini, tipiche delle strisce dei fumetti, i manifesti pubblicitari, rotocalchi, televisione e cinema.
 Molti titoli commerciali avevano adottato il termine ‘pop’, ma verso il 1960, l’aggettivo aveva assunto una connotazione più circoscritta e precisa riferendosi esclusivamente all’arte, in particolare a quelle opere che si ispiravano alla cultura popolare intesa come cultura di massa.
     Il contesto sociale in cui si sviluppa la Pop Art è fortemente condizionato dalla produzione in serie e dai consumi di massa. Il nuovo movimento artistico, quindi, non è espressione della creatività di un popolo; serve a esprimere il disagio dell’individuo nell’uniformità della società dei consumi. Il luogo in cui si manifesta è la città piena di incongruenze e cose brutte. La città data e non progettata che, per l’artista pop, assume un aspetto familiare; l’orizzonte in cui egli si muove, dove la scena urbana è uno spettacolo visivo le cui immagini contengono una molteplicità di messaggi, di significati emotivi, logici e simbolici. La Pop Art è, quindi, arte essenzialmente realistica in senso moderno, che tiene conto delle trasformazioni dell’ambiente e dei modi di rappresentarlo. La città in cui nasce non è quella sognata dagli urbanisti; è un luogo pieno di incongruenze, imprevisto, oppressivo, inglobante; un luogo che si vorrebbe diverso, ma che è là.  La sua bruttezza, il disordine hanno un aspetto familiare, una allegria vivace; e la scena urbana rappresenta l’orizzonte in cui l’artista si muove. La Pop Art accetta il confronto con l’ambiente proprio al livello del consumo e si misura consapevolmente con quello che è il cardine della vita moderna: il mercato.
     Ogni prodotto diventa un bene di consumo, definito da un prezzo. Il lavoro artistico si trasforma: si inizia inserendo nei manifesti elementi della pittura storica americana: biglietti di banca, bandierine e altro. Poco dopo, protagonisti delle oere diventano le immagini e gli oggetti della vita di ogni giorno: le bottigliette della Coca -Cola, le foto delle dive, immagini di individui anonimi assurti agli onori della cronaca, cifre e lettere dell’alfabeto. L’artista le riprende proprio nel momento in cui stanno per scomparire dalla scena e le fa rivivere con tutta la ricchezza di significati e ricordi che destano nel popolo. Nel 1961, l’artista Robert Rauschenberg dichiarava che la sua opera voleva vivere nel presente e far rivivere il passato nel presente.
   In Europa, il punto di riferimento è il ‘ready made’ di Marcel Duchamp: il prelievo dell’oggetto bell’è fatto e il suo inserimento nel contesto dell’arte. Duchamp stesso, tuttavia, sapeva benissimo che un’oggetto, una volta spostato dal suo ambiente viene percepito in modo inaspettato. Una sua opera del 1913, consisteva in una ruota di bicicletta sorretta da uno sgabell0 di legno. Tornando a Rauschenberg, in ‘Coca- Cola plan’ (1958), l’artista inserisce tre bottigliette di Coca – Cola, uno dei simboli più diffusi della nuova società di massa. E, dal 1962, esegue dipinti serigrafati utilizzando foto tratte da giornali e riviste, che vengono ingrandite e trasferite su schermi di seta inchiostrati in modo vario. Un procedimento combinato in cui l’oggetto, preso dalla realtà, si accompagna a segni manuali che testimoniano, in modo diretto, l’autografia dell’autore, e gli oggetti della vita di tutti i giorni, che vi appaiono, hanno valore di realtà.
   A Karpov si deve la realizzazione del primo Happening: spettacolo in cui gli attori si muovono, suonano strumenti musicali, dipingono sulla scena. A lui si deve anche la realizzazione dell’action painting , atteggiamento pluridimensionale verso la pittura, tentativo, cioè, di sconfinare dal quadro e dalla superficie bidimensionale; con l’Action collage viene messo in atto il tentativo di invadere lo spazio ambientale.
   Anche Andy Warhol, l’artista più famoso della Pop Art, rivolge la sua attenzione alla immagini più tipiche della cultura di massa, da quelle della pubblicità a quelle delle dive del cinema, alle notizie di cronaca di giornali e riviste. Verso gli anni ’60 si dedica ai personaggi dei fumetti e ne trae dei dipinti ingranditi con una tecnica che mima quella dei modelli. Dal 1962, Warhol abbandona la manualità pittorica e si  dedica ai procedimenti meccanici, soprattutto la serigrafia trasferita su tela, con cui rappresenta una serie di personalità molto note: Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Jacqueline Kennedy. Accanto a queste, le immagini pubblicitarie più diffuse o réportage di cronache di incidenti stradali. Nel 1936, a Parigi, allestisce la mostra ‘Death in America’ in cui presenta immagini della sedia elettrica, di incidenti mortali, di suicidi. Sempre più spesso ricorre alla ripetizione in serie delle immagini con lo scopo di eliminare ogni sospetto di enfatizzare il modello e di esprimere la serialità che caratterizza non solo la produzione di oggetti ma anche il tipo di informazione della società moderna. Apparentemente il suo sguardo è privo di giudizio ma dalle sue immagini traspare un forte pessimismo. Egli, comunque, tende sempre a destituire le sue idee di significati particolari, conferendo al propio lavoro l’aspetto più banale possibile. La ripetizione, l’intenzionalità, l’uniformità di pensiero e gesti ritenuti esempio tipico di un lavoro individuale, sono considerati dall’artista operazione da mantenere anonima; punti di riferimento del suo lavoro.
  Per concludere citiamo Keith Haring, capo della corrente neo-pop e tra gli artisti più rappresentativi della sua generazione. Nato in Pennsylvania, nel 1958, sull’onda della cultura hippie, nel 1976, inizia a girare per gli Stati Uniti per osservare da vicino le opere degli artisti della scena americana. Tornato a Pittsburg, lo stesso anno, entra all’università e organizza la sua prima esposizione. Figlio della cultura di strada, agli inizi viene emarginato. Raggiunge la notorietà all’inizio degli anni ’80 con i murales realizzati nelle metropolitane. Le sue novità sono esplosive e attirano l’attenzione degli intenditori più smaliziati.
Sulla falsariga del suo modello inconscio, Andy Warhol, inventa e trasmette un nuovo linguaggio urbano costituito da sagome quasi infantili, caratterizzate da un segno nero continuo che si rifà al fumetto. Dalla metà degli anni’80 le sue mostre si susseguono in tutto il mondo. Con lui la comunicazione contemporanea diventa inseparabile dalla comunicazione commerciale. Muore di Aids nel 1990.
 
     Artisti in mostra: Monica Merlante, Emanuele Marinaro.
      Diplomata ‘Maestro d’Arte’ all’Istituto D’Arte  ‘Dosso Dossi’, di Ferrara, Monica Merlante è stata l’artista che ha inaugurato il mese della Pop Art, all’inizio di marzo. La sua esposizione contava undici opere, a china e a colori acrilici. Alcuni tele e ritratti, in perfetto stile Pop, ispirati alla splendida Marilyn, uno di schiena, con le spalle nude e una scintillante gonna di paillettes. Un suo autoritratto, dove il colore alternando le zone chiare e scure, intensifica lo sguardo e i tratti del viso. Delizioso il ritratto a china eseguito per la figlia che tiene in braccio il suo gattino.  Al filone dei fumetti, uno dei temi più diffusi nel panorama della Pop Art, si collega la tela ispirata a Valentina, la protagonista delle storie di Guido Crepax. Fra tutti merita una citazione la tela che mostra il viso dell’artista parzialmente coperto da una velatura di colore tenue che regala al personaggio una intensità pensosa. In mostra anche il ritratto del padre, realizzato in tre varianti di colore. Come è nata la passione per la ‘Pop Art’? – chiediamo a Monica Merlante. “La pittura c’è sempre stata nella mia vita” – risponde – “pur se la prima passione è stata la fotografia. Come lavoro, però, mi piacerebbe insegnare tecniche pittoriche ai ragazzi, aiutandoli a scoprire la bellezza che è in ogni cosa”. In quanto alla Pop Art, l’ho scelta perché, perchè richiede di fotografare il soggetto prima di dipingerlo, per essere aderenti alla realtà. Il colore trasforma il ritratto in una icona, gli attribuisce un ruolo, un carattere, ne fa un personaggio”.
     La produzione di Emanuele Marinaro non è arte pittorica in senso stretto. Il suo è un lavoro di recupero di oggetti abbandonati. Arte povera trasformata dall’abbinamento con altri oggetti, fogli di giornali, riviste, manifesti pubblicitari; Colla e colore trasformano il tutto in collage con effetto tridimensionale. Volutamente, dai diversi strati emergono i protagonisti di fatti di cronaca, personaggi della Tv, Titoli di eventi, foto e cronaca di cose che hanno suscitato curiosità, clamore, divertimento. Per Marinaro, ogni manifesto prodotto, cartellone, istallazione custodisce una storia o invita a scoprirla. E’il caso di ‘Libera il tuo sogno’, dedicato al contrasto della violenza sulle donne. Alla figura e alla vita di Maria Callas è stato ispirato una realizzazione complessa e carica di simboli. Il volto della soprano è riprodotto sui quattro lati di una croce. Negli spazi intermedi immagini cariche di erotismo e sessualità.
Lauretta Vignaga