Rovigo, Veneto – Giunta al terzo appuntamento, la serie di incontri, che la Dante  Alighieri di Rovigo ha dedicato alla diffusione dell’italiano nel mondo, ha focalizzato il rapporto, tutt’oggi molto saldo, tra la lingua madre e le comunità emigrate in America LatinaRelatrice sul tema: Giorgia Miazzo, scrittrice, traduttrice e coordinatrice dell’associazione ‘Veneti nel mondo’, di Camisano Vicentino. Con lei, l’architetto Gianluca Parise che ha collaborato alla realizzazione del progetto ‘Cantando in talian’:  indagine sulle modifiche intervenute nella lingua veneta usata dalla gente che migrò in America del sud tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Variazioni diverse da luogo a luogo pur se distanti solo  pochi chilometri.
    Insegnando in Brasile, Giorgia Miazzo ha raccolto testimonianze fondamentali  sul perdurare del legame tra i migrati e la terra d’origine attraverso la lingua, nonostante la cristallizzazione di questa e i cambiamenti dovuti a interferenze esterne e all’affievolirsi del ricordo. Un impegno che le procurato riconoscimenti in diversi stati del Brasile: Paranà, Santa Catarina, Rio Grande do Sul dove vivono circa 30 milioni di italiani, 15 dei quali parlano ‘talian’. Riconoscimenti anche in Italia, dalla Presidenza della Repubblica e dalla Regione Veneto.
      “Il progetto di riconoscimento della lingua, ‘Cantando in talian’,  è nato dal bisogno di ridare dignità agli italiani emigrati, trattati con disprezzo fin dal momento dell’arrivo in Sud America, e mantenere il legame con la propria storia e le proprie radici” – ha spiegato la ricercatrice.
   “Costretti dalla miseria a lasciare tutto, gli italiani, nella nuova patria, hanno dovuto lavorare come schiavi e vivere isolati nella foresta senza alcun supporto, in balia della natura ostile. Sono circa 200 le lingue che, oggi, si parlano nelle terre dell’emigrazione e sono gli stessi emigrati che portano avanti la loro storia scrivendo racconti, barzellette e altro, sulle pubblicazioni locali. I giovani si vergognano di parlare italiano; preferiscono esprimersi in portoghese quando sono in mezzo alla gente e agli amici. Tuttavia, dopo un po’, prendono coraggio e iniziano ad esprimersi nel dialetto dei loro nonni, insieme ai quali lavorano nei campi. Dalla Val Brenta sono partite per il Brasile centinaia di persone e il loro è un dialetto speciale. Ho avuto incontri e contatti con famiglie e nuclei che ormai ricordano molto poco del loro paese.
  Per loro ho organizzato corsi di ‘talian’ di circa una settimana. Con bambini, di 8 – 10 anni, e con i  giovani ho cominciato con la musica dove erano inseriti elementi in lingua originale. Si sono risvegliati i ricordi e, con quelli, la commozione e un forte coinvolgimento” – ha continuato a spiegare Giorgia Miazzo.   In quanto all’emigrazione, ha raccontato che è un fenomeno che sconvolge la vita, suscita disonore e dolore per la perdita del legame con la propria gente e la patria. Spesso scherniti e insultati per il parlare ‘talian’, gli emigrati avevano bisogno di veder riconosciuta la propria identità e considerata di pari valore di quella delle comunità locali.  Un diritto che riguarda quasi 245 milioni di persone trapiantate in nazioni diverse da quelle di origine, come attestano i dati  2015 sull’emigrazione.
  A dimostrare la veridicità di tutto questo hanno provveduto le scene del filmato presentato alle persone partecipanti all’incontro a Palazzo Roncale, organizzato dalla presidente della Dante, Mirella Rigobello. Immagini di lavoro estenuante che rivelavano l’inganno con cui i migranti erano stati attirati ‘in Merica’ per costruire una nazione che doveva svilupparsi e diventare ricca. “Merica…..Merica” – cantavano uomini e donne stipati sui ponti bassi e nel ventre dei piroscafi, dove a mala pena di
riusciva a respirare. “Merica….. Merica”.….. e a centinaia morivano prima di arrivare. Un tributo di vite umane che nessuno ha mai calcolato. Per chi arrivava, la scoperta di essere sfuggito a povertà e schiavitù per trovare condizioni di povertà e schiavitù ancora peggiori. Abbandonati nelle foreste da disboscare, costretti a vivere in capanne che si costruivano da soli, a nutrirsi di pinoli e difendersi dalla natura selvaggia. Hanno realizzato strade e ponti e viottoli per spostarsi. Il 50% di loro proveniva dall’Italia del nord; il 28% da quella del sud. Dal 1870 al 1910 più di un milione di italiani è arrivato in Brasile; la maggioranza dal Veneto, il minor numero dalla Sardegna.  In un secolo 10 milioni di italiani sono partiti per le Americhe: Stati Uniti, Argentina, Brasile. Particolarmente richiesti i lavoratori veneti: laboriosi, forti, tenaci e sottomessi.
  Poi le immagini del Brasile di oggi, i successi costruiti dagli italiani, dal loro lavoro e dai sacrifici. I quartieri che hanno nomi di città italiane e gli edifici pubblici, pochi in verità, che sono stati intitolati a uomini e donne italiani. La conclusione ha chiarito che l’ortografia e la pronuncia del ‘talian’, a volte anche le stesse parole, possono variare da un luogo all’altro. Giorgia Miazzo ha portato esempi del suo metodo di lavoro e del materiale che ha raccolto e porta in giro per le scuole e le associazioni. Ha dimostrato, inoltre, come la cristallizzazione della lingua si stia sciogliendo e modificando per effetto dei media e della circolazione della gente. E come la musica e la poesia siano gli strumenti più idonei per valorizzare e tramandare il patrimonio culturale e linguistico dell’emigrazione veneta in Brasile.
Lauretta Vignaga