Terra sconosciuta ai più, un dedalo di acquitrini, canali e valli da pesca, dove i rami del Po, imbrigliati dall’uomo per contenere la furia distruttrice delle piene, si allargano a ventaglio verso il mare, ha favorito il nascere dell’immagine di un luogo indefinito, dove la vita degli uomini è sudore e fatica, lotta contro situazioni spesso disperate. Territorio che si distingueva per la povertà e l’arretratezza, ignorato di proposito dalla cinematografia del Regime fascista, il Delta del Po, cosi diverso da tutti gli altri scenari possibili, cominciò ad attirare l’attenzione dei cineasti verso gli anni ’40 del secolo scorso, quando, per reazione al Regime, registi e autori si volgevano verso la nuova realtà che emergeva dallo sfascio civile e dalle distruzioni causati dalla guerra.
    Il neorealismo italiano guardava alle fatiche, i pericoli, le passioni, alle storie degli uomini che riprendevano a vivere. ‘Cinema! Storie,  Protagonisti, Personaggi, la nuova mostra di Palazzo Roverella, inaugurata il 24 marzo e visitabile fino al prossimo 1° luglio, è tutto questo.     Curata da Alberto Barbera, al nono mandato come direttore del Festival del cinema di Venezia, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo assieme all’Accademia dei Concordi e al Comune di Rovigo, ‘Cinema!’ raduna oltre 500 testimonianze, tra film, documentari, fiction televisive, foto, cortometraggi e molto altro, in cui il paesaggio del Delta del Po è stato protagonista più che semplice scenario naturale. Un percorso espositivo ricostruito con materiali diversi, in originale o in copie, stampe e ingrandimenti realizzati per l’occasione, foto di scena e di set, manifesti, locandine, materiale pubblicitario, documenti originali, documentari e sceneggiati Tv, sequenze di film e altro. In merito si deve ringraziare Alberto Barbera, il curatore della mostra,  per lo spazio riservato all’ Archivio ‘L’Immagine in movimento’, di Adria, per aver fatto restaurare numerosi affissi che avevano bisogno di essere salvati e recuperati e, oggi, sono esposti al pubblico. Manifesti considerati fra i più belli del mondo, molti inseriti in collezioni private. 
    
  Oltre 80, e del genere più vario, le pellicole ambientate in Polesine, e decine e decine di documentari visivi che rievocano il secondo conflitto mondiale e, in particolare, la guerra di Liberazione. Anni di cui si passa in rassegna ogni fase, in particolare il disagio insopportabile dell’ultimo periodo del Regime. I registi che li hanno firmati sono tra i più noti della seconda metà del ‘900 e d’inizio 2.000. Scandita dal percorso cronologico, la mostra si apre con l’esordio di Michelangelo Antonioni, autore del breve documentario ‘Gente del Po’, progettato nel 1939 e terminato nel dopoguerra. Racconto per immagini della discesa lungo il fiume di un barcone con il suo carico di uomini e merci. Segue ‘Cronaca di un amore’, del 1950, e, nel 1957, ‘Il grido’, il suo lavoro magistrale.  Un contesto dove il successo non deriva tanto dal nome dei protagonisti, quanto dai caratteristi: barcaioli di fiume, pescatori di storioni, cacciatori di frodo, figure, oggi quasi del tutto scomparse. La mostra di Palazzo Roverella include anche pellicole ambientate sulla sponda sinistra del Po e nelle valli di Comacchio. 
 Il Polesine e il Delta del Po entrano di diritto nel grande cinema italiano nel 1943 con ‘Ossessione’, di Luchino Visconti. Segue: ‘Uragano sul Po’, di Horst Hachler, del 1963. Seguono: ‘Aiutami a sognare’, di Pupi Avati, del 1980; ‘La vela incantata’, Gianfranco Mingozzi, del 1982; ‘Miranda’, di Tinto Brass, anno 1985; ‘I piccoli maestri’, di Daniele Lucchetti, 1998; ‘Baciami piccina’, Roberto Cimpanelli, 2006.
  La guerra in Polesine tra la fine del ’44 e la primavera del’45 è l’ambiente dell’ultimo episodio di ‘Paisà’,il più tragico dei sei che compongono il capolavoro di Roberto Rossellini e del Neorealismo. Pellicola che presenta una straordinaria continuità tra realtà e finzione filmica. Nel 1976, Giuliano Montaldo porta sullo schermo: ‘L’Agnese va a morire’, ricostruzione accurata e antiretorica della Resistenza nel Delta padano. Nel 1960 esce: ‘La lunga notte del’43’, di Florestano Vancini, seguito da: ‘Tutti a casa’, di Luigi Comencini. Qualche anno più tardi, il Grande fiume è il protagonista della trilogia: ‘Il Mulino del Po’, di Riccardo Bacchelli.
 Da un fatto di cronaca accaduto nel Delta, il regista polesano Renato Dall’Ara trae il documentario: ‘Scano Boa’, su cui, nel ’61, Gian Antonio Cibotto realizza un romanzo con lo stesso titolo. Dal romanzo, Dall’Ara trae un lungometraggio. ‘Scano Boa – violenza sul fiume’, descrizione della vita miserabile degli ultimi pescatori di storioni sulla lingua di sabbia che separa il Po dall’Adriatico. Nel 1966, una terza edizione del lavoro:’Scano Boa – Dannazione’ viene girato da Giancarlo Marinelli, ispirandosi di nuovo al romanzo di Cibotto.
    Il periodo post-bellico cambia il Neorealismo inserendovi la commedia e il melodramma. Sono gli anni de: ‘La donna del Fiume’, 1954, ‘ La ragazza del Bersagliere’, 1967, ‘La casa dalle finestre che ridono’, di Pupi Avati. Dei tanti film girati nel Delta Veneto da Carlo Mazzacurati. Accanto ai film ci sono circa 60 documentari dedicati a questa terra, da gustare in due salette da proiezione per 3 ore e mezza complessive. Di notevole interesse i cinegiornali del periodo frascista e quelli dedicati all’alluvione del Po del 1951 che hanno fatto conoscere la tragedia del Polesine oltreoceano.
Lauretta Vignaga