Rovigo, Veneto – Rodigino di nascita, con una innata passione per la fotografia, Domenico Russo, si è dedicato all’insegnamento di Educazione fisica, con i ragazzi della scuola media, dopo il conseguimento del diploma magistrale. Cinque anni a contatto con i giovani con cui ha dialogato e scambiato opinioni durante il percorso  della loro crescita e maturazione.  Conseguita la laurea in Sociologia, ha trovato lavoro in un istituto bancario.  Erano gli anni ’70 del ‘900 e  l’arrivo in commercio delle pellicole che si potevano sviluppare in casa, a  prezzi contenuti, mette le ali al suo passatempo preferito: scattare  fotografie  che, finalmente, può sviluppare da solo, in totale autonomia, privilegiando i risultati che si ottenevano con la tecnica, senza farne l’obiettivo primario.
  ” Ho voluto imparare dai grandi fotografi: Gianni Berengo Gardin, Ugo Mulas, Paul Strand, Ignazio Cugnoni, Cesare Zavattini e tanti altri, acquistando i volumi con le loro opere” – ha spiegato entrando nel vivo del tema della nostra conversazione”. “Ho scattato una quarantina di foto allo scultore Virgilio Milani  mentre lavorava nello studio di via Corridoni” – ha proseguito, ricordando l’ amicizia che lo legava all’artista polesano, considerato tra i maggiori del Novecento. – “La raccolta è stata, poi,   donata all’Accademia dei Concordi ed esposta in una mostra allestita in Pescheria Nuova, in occasione della realizzazione del ‘Percorso Milani’, una raccolta di immagini delle sculture realizzate dall’artista  a Rovigo per committenti pubblici e privati. Mostra commentata da Sergio Garbato”.

Affezionato a  Rovigo, e alla sua storia, Domenico Russo  ha dedicato alla città una cospiqua raccolta di foto  di luoghi, monumenti, palazzi, sculture, particolari architettonici ed elementi decorativi  presenti su facciate, frontoni, portici e colonnati, non per volontà di apparire  ma per desiderio di far conoscere e amare una realtà ingiustamente sottovalutata. Un grave incidente occorsogli  ha fortemente condizionato la sua mobilità e,  nel 2011, aderendo alla proposta di Arnaldo Pavarin, allora presidente dell’ Associazione  culturale ‘Renzo Barbujani onlus’, Russo ha dato il via ad un laboratorio di cultura fotografica per far conoscere e apprezzare, ad un gruppo di iscritti,  le modalità tecniche e creative dei più noti fotografi del secolo scorso. 

Un’esperienza che gli ha dato grande soddisfazione e avviato  un rapporto di amicizia e dialogo, sostenuto dall’esperienza dell’uno e dal desiderio di conoscere e apprendere degli altri.
Sempre molto gratificanti i risultati raggiunti e l’ideazione di un ‘laboratorio di ritratto’, è stato un ulteriore passo avanti per tutti gli allievi. Ulteriore motivo di sodisfazione il fatto che gli stessi  partecipanti si offrissero come modelli. Concluso il percorso, la mostra delle foto realizzate è stata  motivo di grande soddisfazione per tutti.
Di carattere schivo e riservato, Russo ha, di rado,  esposto le sue fotografie, incurante del valore storico e documentario che hanno acquisito nel tempo. Per sua richiesta concludiamo questa conversazione riportando: citazioni, pensieri e considerazioni da lui elaborate quale osservatore acuto e profondo della vita e delle cose, destinate, in particolare, a coloro che si sentono attratti dalle potenzialità espressive e comunicative della fotografia.
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“La fotografia è una cosa semplice a condizione di avere qualcosa da dire”.  ( Mario Giacomelli).    ”  Solo in Italia, ci sono, oggi,  più di  due milioni di  fotografi e fotoamatori attivi e più dell’80%  è scontento delle proprie fotografie, ritenendo che fotografare bene sia privilegio di chi ha più talento o attrezzatura migliore.
Di vero c’è una esagerazione di scatti e poca cura di quello che si fotografa. Gaspar Felix Tournachon, detto Nadar, diceva che: ” La fotografia è il mezzo che consente anche a un incapace di ottenere qualcosa che prima era possibile solo a un …. genio”.
Per imparare le 3 o 4 regole della fotografia basta leggere qualche libro di fotografia digitale e fare un pò di foto la domenica.
Quello che importa è avere qualcosa da dire. Chi frequenta corsi per fare belle foto spende soldi inutilmente. Quello che serve è guardare il mondo che ci sta attorno. Dobbiamo riscoprire  le risorse che ciascuno di noi possiede: gli occhi per osservare, la mente per ragionare, il cuore per metterci in contatto con noi stessi e quello che ci circonda.
Il rapido mutamento della tecnologia  ci darà una mano e anche con uno smartphone potremo ottenere immagini di effetto.
I corsi di base, pieni di nozioni tecniche, non aiutano a imparare.  Non si impara la cultura fotografica, non si impara a conoscere i fotografi che hanno fatto la fotografia. Nè a leggere la fotografia e creare una fotografia buona artisticamente.
Per fare una buona foto si deve usare la vista,  ascoltare il cuore, fidarsi della mente. Capire quanto siano  importanti la motivazione  e la passione per migliorarsi. Valutare qual’è la scena che più ci colpisce, imparare a cogliere l’attimo; trovarsi al posto giusto e non sbagliare mai la mira. Con il digitale la fotografia è un vero linguaggio, ma pochi lo conoscono.  Troppe le foto scattate a caso; l’azione di fotografare è un momento unico fermato nel tempo.
Fotografare è diventato un gesto meccanico che non costa nulla e si finisce per mettere insieme un grande numero di file che poi non si guarda più o vengono eliminati.
Chi non riesce a fare una buon foto con una fotocamera di poco valore, non ci riuscirà neppure con una costosa.
Perchè le foto siano apprezzate da un pubblico, oltre che dall’autore, bisogna  che siano originali, che sappiano comunicare in modo diretto; si deve acquisire consapevolezza, leggere libri specifici sulla materia, prendere coscienza dei modi diversi con cui avvicinarsi alla fotografia e aprire la mente verso nuovi orizzonti. In caso di necessità, basta andare su Google per orientarsi.
Lauretta Vignaga