Rovigo, Veneto. “Scrivere poesie è, per me, un moto spontaneo, come respirare. E’ come una molla che scatta dentro; può accadere in qualsiasi momento. Un gesto, un oggetto, uno sguardo  fuori  dalla finestra o la figura di una persona che passa è sufficiente a evocare un ricordo, a far rivivere una sensazione, un’emozione che mi ha reso felice. A  riportare un dispiacere vissuto, una delusione. Associazioni di idee che fermano l’attimo fuggente obbligandomi a registrarlo finché è vivo e palpitante”.

    Conoscendo Elisabetta Zanchetta non è difficile credere a tutto questo. Da parecchi anni raccoglie le sue poesie in volumetti, uno all’anno, all’inizio, che ha presentato al pubblico, ad amici e conoscenti coinvolgendoli nel suo amore per la vita, nella dolcezza e fondamentale positività della sua visione del mondo.
” Raccontaci di queste raccolte di liriche – le chiediamo. Quando hai cominciato a scriverle e a riunirle insieme? Quali le raccolte che senti più tue?” 
 
 ” Scrivo poesie da quando ero ragazzina, alla scuola media, ma ho cominciato a raccoglierle nel 2001 su suggerimento di Eros Buttaglieri, pittore polesano emigrato a Roma, che ne aveva lette alcune ed  apprezzate. ‘Senz’ali’ è stata la prima; ora sono 12 in tutto e la 13ma, quella relativa al 2015 – 2016, biennale,  è in fase di preparazione.  Ogni raccolta appartiene a una fase della mia vita ma ‘Più spine che rose’, del 2010, mi rappresenta più delle altre perché collegata a fatti ed eventi che hanno segnato un profondo cambiamento nella mia vita. La decisione di pubblicare a cadenza biennale è motivata da maggiore selettività, dal desiderio di dare alle stampe impressioni e pensieri che non riguardino solo me ma possano parlare alla mente e al cuore di tante altre persone. Inoltre, alle composizioni in italiano ho accostato versi scritti in dialetto per rendere meglio il senso del tema, le vibrazioni profonde che ho avvertito”.
  ” Dei tantissimi i premi e riconoscimenti che hai ottenuto, quali ti hanno maggiormente gratificato?” 
“Sicuramente il premio ‘Raise’, vinto con la poesia ‘Ombra’, ad Arquà Polesine, a fine  settembre 2016. E’ stato un premio  del tutto inaspettato sia per il contenuto, la doppia valenza della parola ‘ombra’, che  per l’uso del dialetto, in perfetta armonia con il testo.
 “La tua passione per la poesia si accompagna a ottime qualità narrative e alla attività di giornalista. In sintesi, si potrebbe dire che la scrittura è diventata per te, Elisabetta, un modo di vivere e rapportarti con gli altri”.
    ” E’ anche stata una forma di ribellione, in quanto, per accontentare i miei genitori, ho fatto studi di legge mentre, dentro di me, c’era la musica, la danza; il rimpianto per quello che avrei voluto fare ed essere e non ho fatto. Allora mi sfogo, creando con le mani, con il pensiero, assecondando la mia vera identità, aperta a tutte le esperienze creative”.
 “ Chi sono i protagonisti dei tuoi racconti?  Hai mai pensato di riunirli nella trama di un romanzo?
     Il racconto a cui tengo di più, pur se non ha vinto premi, è stato scritto per un concorso ispirato alla figura di Giorgione, al mistero della sua morte; di come sia avvenuta e in quale data. Mi ha affascinato la figura del grande artista e la sua sensibilità creativa. In altri racconti i temi e i fatti sono autobiografici oppure prendono spunto dalle cose che vedo attorno a me. Scrivere un romanzo è  cosa lunga e complessa mentre a me piace la sintesi. Ci vuole una forma mentale diversa, inoltre,  non ho questa aspirazione”.
  ” Il tuo sogno nel cassetto?”  “Diventare una giornalista professionista in una città diversa da Rovigo. Dopo la laurea in legge, invece di fare praticantato in uno studio legale, preferivo frequentare la redazione del Resto del Carlino per farmi assegnare qualche collaborazione. Adesso ho raggiunto l’equilibrio: ho un lavoro fisso nel Comune di Arquà Polesine che mi permette di avere una parte della giornata tutta per me e dedicarla  a quello che mi piace. Magari alla fotografia, che mi affascina per la possibilità  di cogliere particolari  di persone e cose  che  l’occhio umano non vede o percepisce. Amo la tecnica del ‘bianco e nero’ e la ricerca sulle ombre che si creano: offrono la possibilità di immaginare una situazione, indagare una storia e provare a ricostruirla”.
 “Cittadina di Rovigo e giornalista impegnata nel campo della cultura e dell’attualità, come vedi la nostra città ?”  
  ” Vorrei che questa città avesse più iniziative rivolte ai giovani, ai loro gusti e aspettative sia in campo musicale che teatrale. Che fosse più attraente e allegra, pur rispettando le esigenze di tutti. Che sapesse organizzare gli eventi evitando sovrapposizioni e malcontento. Naturalmente, questo richiederebbe la collaborazione di tutti i cittadini invece delle critiche che non portano a nulla. Sul territorio ci sono tantissime associazioni attive nella cultura e nell’arte ma la collaborazione e lo scambio di informazioni sono piuttosto scarsi. Infine, condivido con tanti altri cittadini il desiderio di avere un cinema nel cuore della città, dove trascorrere piacevoli serate a chilometri zero”.
Lauretta Vignaga