Rovigo, Veneto –  Un ricco catalogo e una corposa retrospettiva, allestita al piano nobile di Palazzo Roverella, fino al 2 luglio, costituiscono la testimonianza di affetto e il ringraziamento che Rovigo e la sua cittadinanza rivolgono a Gabbris Ferrari due anni dopo la sua scomparsa. Una perdita che ha lasciato un vuoto profondo negli ambiti in cui l’artista, ma anche insegnante e uomo politico, ha espresso la sua inventiva e creatività; la capacità di trasformare in arte la sperimentazione negli ambiti più diversi: dal teatro alla regia, dalla pittura alla scenografia. Di lui è rimasta una quantità incredibile di materiale: costruito, dipinto, scolpito, abbozzato, disegnato; tutto di grande qualità. Un patrimonio diviso in parti uguali tra la figlia e la moglie e affidato, da quest’ultima, alla Fondazione Banca del Monte di Rovigo che ne ha tratto un pregevole catalogo. 
  L’inaugurazione della mostra, il 29 aprile scorso, è stata preceduta da un incontro in Accademia dei Concordi, virtuale commiato di enti e istituzioni pubbliche da un concittadino “non adeguatamente apprezzato in vita”. ” Un artista al servizio della città che ci ha onorati anche fuori dal Polesine, a Venezia e Urbino dove ha insegnato” – citando alcuni interventi. A raccontare Gabbris Ferrari artista e uomo è stato Sergio Garbato, amico di lunga data e critico d’arte, che, in diverse occasioni, ha collaborato con Gabbris e di cui ha commentato mostre e realizzazioni sceniche, pur se, molte volte,
le  loro visioni erano discordanti. A Sergio Garbato è stato anche affidato il compito di realizzare il catalogo delle opere di Gabbris esposte al piano nobile di Palazzo Roverella, gentilmente messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo assieme allo staff dei suoi collaboratori per l’allestimento.
” Gabbris aveva il gusto della contaminazione, la capacità di mettere insieme le cose più disparate. Nel catalogo non è citata  la data di nascita né il cognome; per tutti lui era Gabbris, la stessa parola, scritta in rosso, con cui si apre l’esposizione” –  ha spiegato Sergio. “Che, scritta in bianco, spicca sul rosso intenso della copertina del catalogo, un’opera che, sbiaditi dal tempo ricordi e discorsi, rimarrà la testimonianza più significativa del suo percorso nell’arte” – aggiungiamo noi.
Nella produzione artistica di Gabbris è la frequente la mancanza di titoli e date. Un compito sempre rimandato per il sovrapporsi  di opere e progetti seguiti disordinatamente nel corso degli anni, che la morte ha fermato per sempre. Indagando nel materiale lasciato  alla Fondazione Banca del Monte, Sergio Garbato ha cercato di ricostruire un percorso cronologico che registrasse il cammino umano e artistico di Gabbris. Il titolo del catalogo: ‘Dalla pittura al teatro e ritorno’ risponde,  proprio, a questa necessità. Si inizia con la pittura: opere dove  colori e linee costruiscono luoghi immaginari affollati dai soggetti più disparati: un pezzo di corpo di una zebra, un orecchio, un dito, il busto di un uomo con il cappello e la maschera antigas; e il colore che delimita gli spazi e li crea nel contrasto delle tonalità. Più avanti,  colori e immagini si fanno cupi, le figure diventano umane,   iniziano i riferimenti a opere liriche . I personaggi sono definiti dal contorno nero e appaiono scritte che danno indicazioni per eventuali rappresentazioni sceniche.
E ci sono i pastelli a olio che abbozzano con linee grosse e disordinate i protagonisti del teatro dell’ opera e della letteratura, contornati da note per la regia. Prende importanza la rappresentazione dettagliata delle scene ed entra in campo il teatro delle marionette dove i costumi individuano i
protagonisti. Un caso a parte le tavole dedicate al ‘Faust’ di Goethe, destinate a diventare illustrazioni  per un libro. Un personaggio, Faust, a cui Gabbris si è avvicinato in tempi diversi, iniziando dal più antico: l’Urfaust, tentando di ricondurlo al teatro delle marionette di cui era appassionato dai tempi di Urbino. Passione intensificata con l’attività di scenografo, costumista e regista. Faust era ritornato anche in tempi recenti con  il progetto di una specie di ‘fiaba nera’ da raccontare con tecniche diverse.
   Poi arrivano le marionette e le piccole scatole che rappresentano il teatro. Personaggi di un mondo perduto, le marionette di Gabbris hanno abiti raffinatissimi e volti misteriosi; sono la risposta alla necessità di un teatro sempre aperto e senza spese, dove si può riproporre il repertorio musicale che compagnie e istituzioni non possono permettersi. Inizia una ricerca scenografica che unisce la luce all’intelligenza e al gusto per l’artigianato: Otello’, ‘ Il mondo alla roversa’, ‘Così fan tutte’. Acquerelli e pastelli creano la scenografia; le macchine sceniche, gli abbigliamenti inconsueti e coloratissimi completano il tutto. Gli elementi sono componibili e i cambi di scena sembrano tocchi di magia. La passione per la poesia e la letteratura, avvicina Gabbris a Eugenio Ferdinando Palmieri che entra nel suo teatrino recitando i propri versi.
 Dopo 30 anni di teatro, Gabbris ritorna alla pittura con opere di grande formato che riportano, simbolicamente, ai momenti importanti della sua vita,  Lo sfondo delle tele si fa cupo; ogni elemento cela una storia, compreso il dolore per la tragica perdita del figlio Martino. Il susseguirsi di elementi e personaggi sempre diversi di forma e i colori molto vivaci, parlano di un ritrovato impulso creativo. Testimonianze ed evocazioni, intrecci di memorie e umori, dove felicità e tristezza, giovinezza e vecchiaia si mescolano in continuazione, come avviene nella vita. Infine l’attenzione ai pezzi di legno 
recuperati sulle spiagge dove vento e acqua salata, il sole e i giorni li hanno incisi e modellati. Nelle sue mani diventano composizioni legate a un pensiero segreto.
 Ai libri che amava ha dedicato illustrazioni, traducendo in immagini frammenti di un mondo che lo incantava . E’ il caso dell’ Isola del tesoro, romanzo  di Robert Louis Stevenson, raccontato con 20 pastelli a olio su cartoncino. Il catalogo, e la mostra, si chiudono con i disegni ispirati alla famiglia e ai ricordi dell’adolescenza.
Lauretta Vignaga