La diffusione delle arti decorative giapponesi nell’arte europea tra XIX e XX secolo.
Rovigo, Veneto – Il termine ‘Giapponismo’ identifica quella corrente di rinnovamento, quasi un uragano, che travolse l’arte europea verso la fine del XIX secolo, coinvolgendo tutti i settori dell’arte e della cultura dell’ Occidente. La politica di chiusura, varata dal Giappone nel 1641, nei confronti dei paesi europei, durata oltre due secoli, contribuì a diffondere un alone di mistero sull’arte e la cultura di quel lontano paese Solo dopo la metà del 1800, le cose cominciarono a cambiare, grazie all’apertura di rapporti diplomatici e commerciali con gli Stati Uniti, la Russia, i Paesi Bassi, l’Inghilterra e la Francia. Attraverso viaggiatori e collezionisti in Europa cominciò a diffondersi la ceramica e la lacca, stampe, oggetti d’arredo e le prime xilografie, creando una moda, definita ‘Giapponismo’ , che investì tutta l’arte europea tra il 1880 e il 1915, indirizzandola verso nuovi modelli compositivi, ricchi di sintesi e colori luminosi. La prima ad esserne coinvolta fu la ricca borghesia internazionale e, soprattutto, due generazioni di artisti, letterati, musicisti, e architetti che confluirono nella cultura Liberty e Modernista.
Al diffondersi delle nuove tendenze in Europa, tra ‘800 e ‘900, dalla Germania all’Olanda, al Belgio, dalla Francia all’ Austria alla Boemia , fino all’Italia, nella pittura e nella grafica, nell’architettura, arti applicate, illustrazione, manifesti, arredi è dedicata la mostra ‘Giapponismo’ . Venti d’Oriente nell’arte europea, 1860 – 1915, inaugurata a Palazzo Roverella il 28 settembre 2019 e visitabile fino al 26 gennaio 2020.
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi, curata da Francesco Parisi, la mostra espone oltre 200 oggetti, raccolti in 4 sezioni, dove opere originali e derivate si affiacano. Quattro sezioni, quante furono le Esposizioni Universali che , in quei decenni, attraverso la presenza dei padiglioni giapponesi, contribuirono a diffondere il gusto e la conoscenza di quel paese, fino ad allora quasi sconosciuto. Ceramiche, paraventi, ventagli, stampe e xilografie, kimono, pitture con colori all’acqua brillanti e luminosi che affascinano i pittori legati alle tecniche tradizionali. Tutto l’impressionismo è influenzato dalla contemplazione e imitazione delle stampe giapponesi. Dopo l’Esposizione Universale di Londra, nel 1862, l’ Esposizione Universale di Vienna, nel 1873, cui fece seguito la Secessione Viennese, favorì al massimo la diffusione dell’arte giapponese in Germania. In Francia, i prodotti del Sol Levante fecero il loro ingresso con le Esposizioni di Parigi del 1867 e 1878, oltre alla grande mostra, organizzata nel 1890 ‘, da Sigfried Samuel Bing, de L’ E’cole Nationale des Beaux Arts, in cui furono esposte migliaia di stampe ukiyo-e (mondo fluttuante) che influenzarono anche i pittori Nabis. Con Bing l’arte del Giappone si diffonde anche in Belgio e Olanda, influenzando Gauguin e Van Gogh. Temi ricorrenti: le spiagge, scorci di paesaggi marini, l’onda e il moto ondoso del mare, trattato anche da G. Klimt e Henry Rivieu. In questi paesi la cultura artistica giapponese fu interpretata soprattutto in chiave decorativa e formale. Molti artisti di quegli anni si dedicarono alla produzione di vasi e ceramiche con decorazioni floreali asimmetriche, in oro e madreperla. Molto diffusi anche gli studi di nudi femminili e opere grafiche ispirate a figure femminili di grande fascino e bellezza, accostate a piante fiorite, steli di rose, ortensie, iris. Disegni tracciati su rotoli di carta e seta, libri illustrati come i manga; xilografie policrome, definite anche ‘immagini broccato’ per la bellezza dei colori e dei soggetti rappresentati.
In Italia il Giapponismo si diffuse con la prima Esposizione Internazionale di Arte decorativa moderna di Torino, del 1902 e l’Esposizione internazionale di Roma del 1911. A imporre il nuovo gusto furono: porcellane, lacche, ceramiche , vasi di metallo , paraventi e stampe; ma coinvolse, soprattutto, gli artisti residenti a Parigi, come De Nittis e Camillo Innocenti. Più decisa l’influenza su Plinio Nomellini, Mario Cavaglieri, Vittore Grubicy de Dragon, Giacomo Balla affascinati dall’ arte del manifesto. Da citare, infine, l’ispirazione orientale dei manifesti di alcuni melodrammi come: ‘Iris’, di Mascagni, ‘Madame Butterfly’ e ‘Turandot’ di Puccini.
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