Rovigo, Veneto – Completata due anni fa e presentata su un quotidiano locale, la ricerca fotografico – documentale di Luigi Piombo sugli affreschi di Casa Rosetta Ferrari – o meglio su ciò che  ne rimane  – e l’interpretazione che ne diede, non ebbe grande effetto sui rodigini; non catalizzò l’interesse degli amministratori locali verso un recupero che li togliesse dal degrado e dall’incuria. Realizzati sul cornicione della nobile dimora dei Foligno, famiglia ricca, legata ai duchi di Ferrara, giunta in città verso il 1300, i dipinti non sono facilmente  visibili per l’altezza dell’edificio di circa 10 metri sul piano strada, ma preziosi. Rara testimonianza del passato di Rovigo, posta all’esterno di una dimora privata.
    Tra i primi ad occuparsene fu Francesco Bartoli che, nel 1793, diede una descrizione sommaria di alcune parti degli affreschi nel suo libro: ‘Le pitture, sculture e architetture della città di Rovigo’, tralasciando tutto il resto. Poca cosa rispetto alle immagini che si susseguono negli spazi sotto  il cornicione della facciata, ormai troppo danneggiate per leggere la relazione che le unisce.
    Luigi Piombo ha fotografato gli affreschi, per la prima volta, negli anni ’80 del secolo scorso. Uno, in particolare, aveva attratto la sua attenzione: quello noto come ‘la più antica pianta di Rovigo’. Le fotografie furono notate dall’allora sindaco Mario Botolami e dall’assessore Ilario Bellinazzi che si attivarono per strappare l’intero ciclo di affreschi e salvarlo. L’istanza di recupero, presentata alla Soprintendenza dei Beni Culturali di Verona, ebbe esito negativo. Negative anche le varie richieste presentate negli anni successivi, per recuperare quel bene che apparteneva alla città e ai rodigini. 
Oggi, gli affreschi sono ancora sotto il cornicione, in attesa di crollare assieme alla costruzione a cui appartengono.
        Luigi Piombo, tuttavia non li ha dimenticati: li ha fotografati più volte con strumenti di alta tecnologia e ha svolto indagini e ricerche d’archivio per ridare loro un senso e la dignità che l’uomo ha loro negato. La sua ricostruzione degli eventi conclude un lavoro durato 30 anni e sconfessa la descrizione del Bartoli, finora universalmente accettata.
   Questo il riassunto delle sue indagini  e le ipotesi realistiche a cui è arrivato, auspicando che qualche generoso rodigino si incarichi di pubblicare e diffondere il testo e, magari, dare il via ad un recupero, indispensabile, di una pagina di storia della città, del tutto ignota.
 
   Costruita in quella che oggi è via all’Ara, la dimora dei Foligno risale alla prima metà del 1500, come testimonia l’iscrizione ‘Hieronimus fulgineus’ che compare in apertura del ciclo di affreschi, sorretta da un putto.  A sostegno della tesi, Piombo porta indagini accurate su documenti e lo studio delle vicende storiche del territorio polesano nei secoli in cui era oggetto di contesa tra i duchi di Ferrara e la Repubblica di Venezia. La battaglia di Polesella, del 22 dicembre 1509, rientrava nel piano di distruzione di Venezia avviato da papa Giulio II con la Lega di Cambrai. Vinsero gli Estensi e il Polesine tornò sotto Ferrara. Solo un anno dopo, tuttavia, Venezia riconquista Rovigo e il Polesine e li tiene fino al 1797, quando la Serenissima cade in mano dei Francesi.
  “Parlando degli affreschi, il Bartoli cita: una donna con bambino; l’antica pianta di Rovigo e il ‘sacrificio di Muzio Scevola’, tralasciando tutto il resto” – scrive Luigi Piombo. “L’indagine con il teleobiettivo ha rivelato che, in realtà, la donna è un uomo con la barba; la pianta di Rovigo è una città murata circondata da un fossato d’acqua azzurra e ai lati due eserciti  di soldati in armi che suggeriscono le tante contese tra Venezia e Ferrara per il possesso del Polesine. La mancanza di un nesso fra i soggetti elencati, mi ha indotto a ipotizzare un fatto storico molto importante a cui potrebbero alludere i soggetti ancora visibili degli affreschi. I dipinti di piccola dimensione e la collocazione nel sottotetto, fra quelli che ,probabilmente,  erano i finestrini del granaio, ne ha sempre impedito la visione e, di conseguenza, la salvaguardia”.   
Quanto alla famiglia dei Foligno, si sa che erano amministratori dei beni che gli Estensi avevano in Polesine e che, in Rovigo avevano due case: una in via  Silvestri, ora nota come Palazzo Campo. L’altra in via all’Ara, probabilmente la più antica dimora privata – seppure in rovina –  esistente in città. In seguito all’estinzione di Foligno i beni andarono dispersi e la casa divenne proprietà dei Rosetta Ferrari.
Lauretta Vignaga