Il professor Enrico Spolaore e i dilemmi dell’ Unione Europea
Nato a Rovigo e docente a Boston,  è tornato in Polesine per un importante riconoscimento.

Rovigo, Veneto – In un periodo in cui l’Italia si dibatte tra crisi economica e sociale  e si diffonde il dubbio  che la partecipazione alla Unione Europea non sia la strada giusta per uscirne, i soci del Lions club rodigino hanno avuto la straordinaria opportunità di incontrare e ascoltare il professor Enrico Spolaore, ricercatore e studioso di valore internazionale. Titolare della Seth Merrin Chair,  ordinario al Dipartimento di Economia della Tufts University  di Boston. ed eccellenza nel campo della ricerca economica, del servizio ai processi di sviluppo, di integrazione  e di crescita .
Nato a Rovigo, Enrico Spolaore ha seguito il percorso di formazione a Roma La Sapienza, conseguendo la laurea in Economia e Commercio. Nel 1989 è stato ammesso all’Università di Harvard , ottenendo un master in Economia nel 1991 e un dottorato in Economia nel 1993. Ha, poi, continuato come ricercatore all’Università Libera di Bruxelles  e come consulente della Commissione Europea.

A riportare il professor Enrico Spolaore nella nostra città, dove conserva importanti legami familiari, il Lions club Rovigo che gli ha conferito il Ventunesimo Premio ‘Due torri D’oro’, 2019. Iniziativa che intende riconoscere il valore internazionale  dello studioso assieme alle qualità  personali dell’uomo che si è speso nello studio delle politiche economiche di integrazione, sviluppo, crescita. Un cittadino che ha portato la propria humanitas, competenza e scienza nel mondo.
Ad accoglierlo in Accademia dei Concordi:  soci Lions, con la presidente Isabella Elisabetta Sgarbi, il dottor Gianni Serragioto, Governatore Distretto 108 Ta3 2018 – 2019, e tanti rappresentanti della cultura e delle istituzioni cittadine. Sul tavolo, in primo piano, il ‘Due Torri d’oro’  “Prestigioso riconoscimento lionistico che da oltre 50 anni premia le eccellenze del territorio – come ha ricordato il dottor  Pierluigi Bagatin.

Rivolgendosi al pubblico in ascolto, Enrico Spolaore ha ricordato l’incontro con gli studenti del liceo ‘P. Paleocapa’ avuto in mattinata e la loro attenzione per il tema proposto: l’Europa e il dilemma che rappresenta per l’Italia. I rapporti tra Bruxelles e Roma sono resi difficili da un problema di integrazione fra stati ” – ha anticipato. ” Integrazione sia politica che economica e il sogno di fare una unione degli Stati d’ Europa.A Roma io non mi sento romano ma veneto. In effetti, a seconda del luogo dove si va, ci si sente di quel luogo o meno. Ma perché l’Europa è un dilemma ? Perchè bisogna pesare costi e benefici”.   E per rendere chiaro il concetto Spolaore ha portato questo esempio: “Questo lavoro mi impegna parecchio e mi fa guadagnare molto, ma ho anche tanto tempo libero e questi valori non materiali hanno una grande importanza. E c’è un altro dilemma : è meglio cooperare con altri stati o è meglio fare da soli? E l’integrazione economica, fiscale e politica  presenta maggiori costi o benefici ? Di solito si usa una mano sola valutando soprattutto i benefici  . Le persone devono valutare se comportarsi in modo più altruistico o piu egoistico; a seconda della scelta che si fa, si torna con un guadagno o con nulla.  Se si fa una scelta unica non si fa una grande scelta, ma se si fanno dei contratti la faccenda può cominciare a funzionare. Cooperare o non cooperare è il dilemma. Un paese fa la guerra per il commercio, applica dazi o fa la guerra per i dazi. L’ Europa degli anni ’30 era così. E c’erano le potiche protezionistiche. La frammentazione in stati indipendenti porta al disastro; la depressione ha portato a due guerre mondiali. La soluzione ideale sarebbe stata una federazione fra gli stati, cosa effettivamente accaduta con la creazione della CECA – Comunità europea carbone acciaio –   nel 1951, fra sei paesi, Italia compresa. I francesi l’affossarono nel 1954 per l’impossibilità di creare una comunità europea di difesa – CED.
Jean Monnet, sostenitore della  CECa, valutò, quindi, che prima della Ceca si dovesse creare una integrazione degli Stati d’Europa; creare istituzioni comuni per mantenere l’equilibrio cooperativo. Nasce così l’idea di costituire una Comunità europea, senza dazi tra i diversi paesi,  con una Corte di Giustizia europea.
All’inizio l’euro ha funzionato perchè c’era l’unione monetaria; poi non più a causa dei tassi d’interesse dei vari paesi. I benefici dell’unione monetaria sono enormi;  tuttavia  le diverse situazioni economiche, politiche e sociali,  la eterogeneità dei dialetti e le diverse  situazioni economiche all’interno dello stesso stato hanno sia costi che benefici. Le  cose vanno bene quando ci si mette insieme per creare situazioni di miglioramento e viene superata la distinzione cruciale tra beni pubblici e privati. Ma quando si tratta di integrare beni pubblici e politiche comuni vengono creati costi politici. L’integrazione parziale,  però, è insufficiente se mancano funzioni complementari. Di conseguenza l’integrazione economica incompleta porta  alla disintegrazione dell’Europa”.  
E, concludendo, il professor Spolaore ha sentenziato: ” Non è stato l’euro a mettere in crisi l’Unione Europea ma la crisi della gente e della politica. L’Europa, comunque, non è da abbandonare perchè i benefici sono decisamente superiori ai costi. Bisogna usare più carote che bastoni e convincere la gente che l’Unione è, comunque, un bene. Servono soluzioni più flessibili, autonomie e cambiamenti culturali che non possono calare dall’alto ignorando le preferenze e gli interessi dei cittadini. Il cambiamento deve essere democratico e consensuale, tramite dibattiti e scambi culturali all’interno della società civile”.

Economista noto e apprezzato in tutto il mondo, Spolaore ha pubblicato libri e articoli relativi allo studio economico della formazione e disintegrazione degli stati e delle unioni politiche ed è stato tra i primi a indagare , con gli strumenti rigorosi dell’analisi economica, gli effetti delle variabili culturali sullo sviluppo e l’innovazione. E’ stato tra i pochi economisti che, fin dal 2016, hanno previsto la reazione politica  contro la globalizzazione.

Lauretta Vignaga