Rovigo, Veneto –  La pari dignità fra italiano e dialetto è tema da molti dibattuto sia in Veneto che in altre regioni d’Italia. Un tema delicato e complesso, presentato in occasione del IV incontro organizzato dalla associazione Dante Alighieri, comitato di Rovigo, e dedicato all’ evolversi e mutare della lingua italiana nel mondo di oggi. Relatore Matteo Santipolo, ricercatore e coordinatore scientifico della Dante.
   Punto di partenza la domanda di Matteo Santipolo: “Il dialetto veneto è una lingua a tutti gli effetti?” Molteplici le risposte e i casi esaminati.
  “La politica italiana, all’inizio del ‘900, era orientata a salvaguardare il dialetto come lingua autonoma. Tendenza sconfessata dal Regime fascista con le tesi della scarsa competenza del dialetto nostrano sia di chi proveniva da altre regioni che da coloro che non lo conoscevano. Tesi abbandonata dopo la caduta del regime.
Parlando, oggi, di dialetto, l’opinione diffusa è che si tratti di una lingua alla pari di tante lingue europee, di origine neolatina, che una volta erano dialetti e oggi sono idiomi nazionali. I dialetti italo-romanzi nascono dallo sviluppo del latino e dalla sua mescolanza con i dialetti locali prima che arrivasse l’italiano. L’italiano di oggi non è altro che uno dei tanti dialetti locali promosso a livello nazionale. In Toscana la cultura e la sua diffusione furono favorite dal benessere e dalla ricchezza del ceto nobile, dei banchieri e dei commercianti, e il toscano si impose tra le lingue parlate”.
  “ L’italiano dell’Italia unita è nato nel 1934, con la RAI, e divenne lingua nazionale solo nel 1954; il vero padre non è stato Dante ma Mike Buogiorno” – ha commento Santipolo che ha ‘proseguito: “Quando l’italiano si è imposto sulle lingue locali ha dato origine ai vari tipi di italiano parlato; le varietà di italiano regionali nascono dalla sovrapposizione dell’italiano sui dialetti o lingue locali suddivisi in: dialetti settentrionali, dialetti toscani e corsi, dialetti centro – meridionali. Il veneto è un dialetto settentrionale, sottogruppo ‘venetico’; il veneziano è il tipo di dialetto veneto meno veneto di tutti per la presenza, a Venezia, di tutti gli uffici amministrativi. Tra le critiche mosse al dialetto c’è quella della mancanza  di una grammatica e di testi letterari. Falso in quanto ci sono autori del calibro di Ruzante, Goldoni, Palmieri, Gino Piva. Il veneto, inoltre, si è diffuso oltre i confini del territorio veneto con il ruolo internazionale della Repubblica di Venezia che lo usava nelle relazioni con gli altri stati.
   Nell’ Italia unificata pochissimi parlavano l’italiano: Manzoni si spostò in Toscana per migliorarlo. Negli anni ’20 del ‘900, la politica si impegnò per la diffusione dell’italiano e la formazione di docenti adeguati. Il Fascismo cancellò il dialetto e la cosa si è protratta fino agli anni ’70, quando si comincia a parlare di bilinguismo – sociale e individuale – diglossia, dilalia e il dialetto diviene lingua delle famiglie. In Veneto la lingua ufficiale è l’italiano ma, se si è a Venezia, e si parla la lingua dei residenti, si ottengono prezzi e trattamento più favorevoli rispetto a chi parla inglese e se si è in compagnia di veneziani, si ottiene il massimo. Naturalmente il dialetto varia a seconda dei luoghi e insegnarlo è cosa difficilissima.
 Nel mondo, il dialetto veneto è parlato da 6,5 a 8 milioni di persone; oltre che in Veneto è usato in alcune regioni di Slovenia, Croazia e di altri paesi dominati dalla Serenissima; in Messico e Brasile. Ha 8 varianti ed è la lingua del Nord Est d’ Italia, usato in famiglia, al lavoro e con gli amici.        Dagli anni ’70,  il miglioramento delle condizioni economiche in Veneto fa rinascere il dialetto come segno di appartenenza ad una comunità. Il processo di italianizzazione del dialetto veneto pone il problema della tutela delle minoranze linguistiche, 12 in tutto, veneto incluso. Lo proponeva la legge del dicembre 1999. Iniziativa riproposta dalla legge regionale n° 8 del 2007 e da quella del 2016.  Tuttavia il veneto in Veneto non è minoranza linguistica e la legge non è stata ancora applicata. A provvedere sono intervenute: l’ Academia de la bona creanza’ e l’ Academia de la lengua veneta’, per codificare la scrittura e la sua applicazione. Tra i tanti fattori negativi rilevati i più grossi riguardano i costi per la traduzione dei testi di qualsiasi materia e argomento, la formazione e la mobilità dei docenti. Fattore positivo è il bilinguismo che migliora lo sviluppo intellettivo dei ragazzi.
Lauretta Vignaga