Nell’analisi di Emilio Lazzarin tutti i motivi per credere
    Rovigo, Veneto – L’incontro con il pubblico del professor Emilio Lazzain, nell’ambito della mostra ”Il volto della Sindone’, di Carmine Tisbo, ospitata in Pescheria Nuova nel periodo natalizio, ha costituito il momento clou dell’intera manifestazione. Da lunghissimo tempo scienziati, filosofi e uomini di fede dibattono il tema dell’ autenticità di quel volto e corpo rimasti impressi sul sudario di lino che ha avvolto il corpo di Cristo nelle ore seguenti alla morte sulla croce. Diversissime le tesi per confutarne la realtà storica e altrettante le prove portate a favore dell’autenticità. Le spiegazioni di Emilio  Lazzarin hanno tracciato tutti i dati a favore dell’ originalità, mettendo un punto fermo alla questione.
      Delegato per il Triveneto del Centro internazionale di Sindonologia di Torino, Emilio Lazzarin ha iniziato il suo excursus su: ‘La Sindone tra scienza e fede agli albori del terzo millennio’, presentando, alle persone in sala,  le scene finali  della ‘Passione di Cristo’, il controverso film scritto e diretto da Mel Gibson” . ” L’uomo della Sindone è davvero l’uomo dei Vangeli – ha dichiarato in apertura – ma alla gente interessa soprattutto sapere se abbia davvero avvolto il corpo di Cristo. Un dato che noi  crediamo per fede. Tuttavia, i risultati scientifici che porterò vi permetteranno di decidere in maniera autonoma”.  E ha aggiunto: “La Sindone non è un falso: ha veramente avvolto il corpo di un uomo morto crocefisso, che ha subito la passione. Lo ha avvolto per 36 ore senza segni di putrefazione. Non è dipinto e ha le caratteristiche di un negativo fotografico, impossibile a quel tempo. L’ analisi con il Carbonio 14 ha dimostrato l’autenticità dell’immagine impressa sulla superficie del tessuto, non dentro. Tutti i 4 evangelisti parlano della deposizione nel sepolcro e tutti concordano sull’avvolgimento nel telo di lino dopo la morte sulla croce. La legge mosaica proibiva di conservare i teli sepolcrali ma i primi testimoni si resero subito conto che il lenzuolo aveva avvolto un uomo risorto”. 
     Del telo non si ebbero notizie fino al 1300, pur se a Edessa, nel 544, un paio di secoli dopo l’ editto di Costantino, giravano voci di un telo ripiegato che conservava l’immagine di un volto. Nel 1147, Ludovico 7°, re di Francia, affermava di aver visto il lenzuolo a Costantinopoli. Anni dopo il telo diventa proprietà dei Savoia. Nel 1502 la Sindone viene collocata nella cappella di Chambery dove subisce un incendio che lascia segni sul tessuto. Nel 1576 viene trasferita a Torino e, per 500 anni, è  nella proprietà dei Savoia; in seguito diventa proprietà del papa.
      “Il lenzuolo porta i segni della flagellazione” – ha continuato Lazzarin indicando sulla riproduzione della Sindone le tracce delle lacerazioni provocate da 720 colpi di flagello inflitti all’uomo crocefisso. E l’impronta del chiodo confitto di sbieco, dalla mano verso il polso, che aveva provocato lo strappo dei pollici. Ha citato i tantissimi esami effettuati sulla tela in relazione alle materie di studio più diverse, riunite nel termine Sindonologia. ” I ricercatori della Nasa, di Pasadena, ne hanno attestato la 
tridimensionalità. Nel 1978 un esperimento volto a capire come l’immagine fosse stata prodotta sul telo, portò alla realizzazione di telo uguale, filato su un telaio di 2.000 anni fa. Sopra, venne fissato  un lucido, poi forato con un trapano speciale, e versato sopra sudore, sudore di sangue, terra, aloe e mirra mescolate. Il telo venne lasciato in una grotta per 36 ore, il  lasso di tempo dopo cui si manifestano i segni della putrefazione. Riportato il telo alla luce, il sole ha disegnato, attraverso i fori, la stessa immagine della Sindone, di cui è diventato i negativo. Nella realtà invece, la Sindone era rimasta chiusa in una grotta e l’immagine che vi è impressa, è stata creata dalla luce emanata dal volto del Risorto. Altre ricerche hanno appurato che la Sindone conserva tracce di sangue del gruppo AB
ma non è noto il gruppo sanguigno di Cesù Cristo. Sulla Sindone sono state scoperte  anche tracce di aragonite, di cui, all’epoca, esistevano miniere  nei pressi del sentiero verso il Calvario. Il teschio impresso sul lino, inoltre, mostra i segni di monete nelle cavità orbitali, una prassi comune al tempo dei romani  per impedire che gli uccelli rapaci divorassero gli occhi dei condannati alla crocefissione  che rimanevano spalancati al momento della morte.
Lauretta Vignaga