A Paestum la XX edizione della Borsa del Turismo Archeologico. Rovigo e il Museo dei Grandi Fiumi non c’erano.
   Rovigo, Veneto –  La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, svoltasi a Paestum dal 26 al 29 ottobre scorso, ha festeggiato i 20 anni richiamando nell’area archeologica, tra le più famose d’Italia, i nomi più celebri della ricerca, gestione e comunicazione dei Beni Culturali e stimolato dibattiti che non mancheranno di raggiungere le rappresentanze dei massimi organismi internazionali. Un ventennale che ha attivato anche la comunicazione in lingua araba, lanciandosi nella sfida di realizzare la più grande rassegna italiana di Archeologia Sperimentale. Via Magna Grecia, che attraversa tutta Paestum antica, è stata invasa da botteghe artigiane che hanno mostrato come, nell’antichità, si lavorassero le pelli, la ceramica, i metalli, preziosi e non, e l’ambra. Di fronte al tempio di Nettuno, i rievocatori hanno fatto marciare gli eserciti dell’antica Grecia e di Roma, gareggiare gli atleti greci e combattere i gladiatori romani. Una passione per la rievocazione che sta coinvolgendo sempre più italiani che arrivano a Paestum da ogni angolo della penisola. Una manifestazione che, nel recente passato, aveva acceso i riflettori sul Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo, grazie alla straordinaria scoperta del sito di Campestrin dove, nell’età del bronzo, si lavorava l’ambra prima di esportarla lungo tutte  le coste del Mediterraneo. 
Uniche presenze polesane a Paestum: l’archeologo, organizzatore e coordinatore scientifico Mauro Cesaretto, per decenni l’anima delle attività sperimentali al Museo dei Grandi Fiumi della nostra città e i rievocatori dell’Associazione culturale ‘Legio I Italica’, di Villadose, Rovigo. Con Mauro Cesaretto, e la moglie Francesca che lo ha accompagnato, abbiamo ripercorso le giornate di Paestum, dove Mauro ha coordinato un  gruppo di circa 120 partecipanti, tra giovani e adulti, condividendo emozioni straordinarie. “Abbiamo avuto il privilegio di poterci accampare all’interno dell’area archeologica, dentro l’area dei templi ed eravamo talmente coinvolti dalle atmosfere in cui eravamo immersi che non riuscivamo a prendere sonno.
 Nella zona pedonale dell’area archeologica erano state state collocate 22 casette di  legno per gli archeologi che sperimentavano le antiche tecniche di lavorazione dei materiali, iniziando  dalla ideazione e produzione degli oggetti da impiegare nella lavorazione stessa, che non esistevano. Una ricerca materiale basata sulla manualità che, passo dopo passo, faceva comprendere quello che non si doveva fare. Quello che troviamo scritto nei testi, spesso non corrisponde alla verità, come capita leggendo i poemi omerici, che sono sempre stati tradotti da chi non sa nulla di tecnologie antiche” – ha affermato Cesaretto, lanciando una stoccata agli studiosi più paludati. “La sperimentazione, quindi, non è solo connessa alla ricerca ma può avere notevoli ricadute turistiche, un fatto che evidenzia il profondo legame con la Borsa di Paestum. Tutto questo è noto da tempo in Europa come testimoniano le ricostruzioni filologiche di villaggi dell’età del bronzo, del ferro, romani, medioevali. “- ha spiegato  Mauro Cesaretto. ” La gente paga e impazzisce per fare i lavori più umili : tagliare la legna, zappare la terra, spaccare pietre, fondere il bronzo sotto la guida e gli ordini degli archeologi. Oggi abbiamo bisogno di manualità, di capire davvero come le cose  venivano fatte. L’archeologia sperimentale è, quindi, anche un business che dà lavoro a tanti archeologi. In Italia non l’hanno ancora ben capito. La Borsa di Paestum può diventare un volano di promozione per l’archeologia sperimentale nel nostro paese, facendo nascere idee buone e innovative”.
   Nel ricco programma di Archeoexperience della XX Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, da giovedì 26 a domenica 29 ottobre, con il coordinamento scientifico di Mauro Cesaretto, sono state inserite le esibizioni di 120 archeotecnici e rievocatori provenienti dalle diverse regioni italiane. I laboratori hanno fatto rivivere le antiche tecniche di produzione e lavorazione degli oggetti adoperati dai nostri lontani antenati, ora conservati nelle vetrine dei musei archeologici, testimoni della cultura materiale che ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo. Nei laboratori viene ricostruita la cultura antropologica e materiale dell’antichità grazie alla riproduzione delle tecniche usate dall’uomo per realizzare manufatti di uso quotidiano. Nel laboratorio tutti diventano protagonisti, sperimentatori che formulano ipotesi di ricostruzioni, osservano e analizzano, manipolano oggetti e strumenti, applicano, reinventano o riproducono, riflettono sui risultati e sugli errori attraversando le tappe dell’evoluzione umana, culturale e sociale. Nel laboratorio l’oggetto viene analizzato e ricostruito, sviluppando abilità manuali oggi scomparse. Tutte le attività, con le loro materie prime – pietra, osso, tendini, pelli, argilla, metalli,sono state proposte ai visitatori per sperimentare in prima persona gli antichi mestieri che hanno dato impulso determinante all’evoluzione dell’uomo.
 Della lavorazione dell’ambra nella preistoria ha dato dettagliata ricostruzione l’archeotecnico rodigino, ricostruendo i presunti strumenti e la sequenza operativa dell’età del bronzo per creare manufatti in ambra  del Mar baltico , come è stato testimoniato dalla straordinaria scoperta archeologica avvenuta a Rovigo nel sito di Campestrin di Grignano Polesine, il più importante sito di lavorazione dell’ambra di tutto il bacino del Mediterraneo del XIII secolo a.C.
Lauretta Vignaga