Un primo maggio dedicato ai lavoratori del passato, quello che il sindaco di Ceregnano, Ivan Dall’Ara, ha voluto festeggiare e ricordare con  numerosi rappresentanti della politica locale, amministratori del Comune e amici. Una ricorrenza che si è prestata anche all’inaugurazione di tre servizi pubblici  la Biblioteca rinnovata, il Punto Sanità reso più attrezzato e moderno; il nuovo Auditorium.Responsabile dell’intero progetto l’architetto- scultore Angelo Calesella che, conclusi gli interventi, ha regalato alla comunità di Ceregnano due sculture in terracotta in ricordo della 
rivolta dei braccianti della ‘Boje’ del 1884, a cui, l’8 maggio del 2016, è stato dedicato il Museo di Pezzoli. 
      ” Poichè il 1° maggio  è la festa dei lavoratori – ha spiegato il sindaco Dall’Ara – abbiamo voluto rievocare  il primo grande movimento di protesta dei contadini del Polesine, le lotte combattute per avere dignità e diritti troppo a lungo negati”.
Accolti nel nuovo Auditorium, gli ospiti hanno, quindi, assistito alla rievocazione della ‘Boje’ da parte del gruppo connotato dallo stesso nome, che raccoglie  rappresentanti del consiglio comunale, impiegati e lo stesso sindaco e la moglie, Antonella Bertoli. A quest’ultima  il compito di ricostruire
le diverse fasi della protesa, fino all’arresto e alla condanna degli scioperanti; il tutto grazie alla lettura di pagine di giornali dell’epoca e di resoconti dell’ intera vicenda.
 Proteste e dialoghi concitati, commenti, frasi di ribellione, imprecazioni contro i padroni- i siori-  e ‘cante’ inventate dai braccianti in rivolta, hanno   ricostruito quel tragico 1884. Punto di partenza : la rotta dell’Adige del 1882, seguita dall’esondazione del Tartaro -Canalbianco nel 1883. Ne conseguì
la diminuzione del lavoro, dei salari e del raccolto, nel 1883, cui si aggiunse il ribasso del prezzo del grano e del riso causato dalla concorrenza del mercato russo e americano. Nacque una agitazione spontanea ma compatta e collettiva e, pochi mesi dopo, nel 1884, si scatenò lo sciopero nel territorio di Rovigo . Al grido ‘La Boje, la boje, de boto la va desora’ !!!, esplose la rabbia di centinaia di braccianti per le lunghe giornate di lavoro, la misera paga e il sistematico rifiuto dei proprietari delle terre di aumentare le paghe. Lo spettro della fame e della disoccupazione portò alla ribellione.
  • foto esposta
    Nel giugno 1884, alla vigilia della mietitura,  40.000 braccianti incrociarono le braccia. La rivolta de ‘La Boje’, scoppiò a Pezzoli di Ceregnano e si diffuse ad Adria e Magnolina e incontrò l’appoggio di alcuni rappresentanti della piccola borghesia e degli intellettuali. Gli agrari si rivolsero ai crumiri per la mietitura e chiamano i carabinieri a difenderli. Il Polesine venne occupato da militari e carabinieri a cavallo, 5.000 in tutto, e De Pretis, capo del governo dell’epoca, nominò un generale per dirigere le operazioni. Prima dello sciopero, ai braccianti veniva riconosciuto l’8-9% del raccolto; dopo la protesta si arrivò al 20 e anche 30%. La protesta, tuttavia, non si fermò e, nella seconda metà del 1884, iniziarono i processi: 35 in tutto per 201 braccianti; 171 furono condannati per ‘ truffa in commercio, accusati di aver alterato il patto tra agrari e braccianti. Il bracciantato, allora, cambiò strategia regia: fermò lo sciopero ma non la protesta. Cominciarono i sabotaggi, gli incendi a case e fienili, stalle e foraggio e il taglio delle viti. Nella primavera del 1885, De Pretis fece pressione sui magistrati per colpire i sostenitori della ribellione processandone i capi. Nel marzo 1885 vennero processati 21 imputati e sulla ‘Boje’ calò il silenzio. Rivolte e proteste erano sorte anche in altre zone del Polesine e nel Mantovano ma solo in Polesine si ebbero  arresti e  condanne di massa.
   La crisi agraria di fine ‘800 colpì in particolar modo il Veneto, causata dalla rapida unificazione del mercato globale e favorita dalla grande espansione di vie e di mezzi di comunicazione. La concorrenza di prodotti che arrivavano dall’estero causò il crollo dei prezzi e rese ancor più drammatiche le condizioni economiche dei braccianti in Veneto e in Polesine. ll 1887 segnò il punto di non ritorno: migliaia di loro lasciarono la terra d’origine per emigrare in sud America.
 Come omaggio alla nostra terra e ai valori che rappresenta nell’ Auditorium era stata allestita la mostra fotografica ‘Terra Nostra’, di Roberto Bottari. Suggestioni di campi arati e cieli infiniti che si specchiano nei fossi e nei canali; di case e cortili con gli attrezzi del lavoro quotidiano. Gli orti e le galline che animano i recinti a loro dedicati; la quiete dei luoghi che, oggi, facciamo fatica ad apprezzare.
Lauretta Vignaga