Rovigo, Veneto – Dedicato ad architetti e progettisti territoriali ma anche ad amministratori pubblici, si è svolto, qualche giorno fa, un interessante convegno, promosso da Legambiente Veneto e sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, sulle opportunità del sistema Smart Land per i piccoli comuni.
A coordinare i numerosi relatori, Giorgia Businaro, presidente regionale di Legambiente.

All’ intervento di saluto di Willy Pagani, rappresentante della Fondazione, sono seguiti gli interventi di Francesco Musco e Giulia Lucertini, esperto in Pianificazione e Politiche per la Città, il Territorio e l’Ambiente, il primo; in Planning & Climate Change Lab, la seconda. Entrambi dello IUAV di Venezia, hanno richiamato l’ attenzione  sul problema principe di ogni iniziativa pubblica: le fonti di finanziamento. “I piccoli centri sono in grado di accedere ai fondi europei solo se messi a sistema, anche se capitanati da comuni medio piccoli. Il progetto Horizon 2020 mette a disposizione bandi relativi allo sviluppo, riqualificazione  e rilancio del territorio. I territori a bassa urbanizzazione, sono, per loro natura, Smart Land” – ha spiegato Francesco Musco. “In quanto a  clima, sviluppo, rigenerazione e rivitalizzazione di un territorio serve un’azione che parta dal basso e la collaborazione delle amministrazioni locali”  – ha aggiunto.  Scarse possibilità di accedere ai bandi, invece, per un territorio piccolo come Rovigo, per il quale la soluzione migliore resta la partecipazione spezzettata a diversi bandi. Al Delta del Po e alla sua protezione, invece, si può applicare il programma ‘Life’  che nel bando prevede la copertura totale del progetto.

   “Per trasformare un territorio in Smart Land i temi su cui intervenire vanno dal rischio idrogeologico alla gestione dei rifiuti, all’incentivazione dell’uso di energie alternative alla protezione dell’ambiente, azioni da condivise con la comunità. Per fare tutto questo, serve un’idea innovativa” – ha detto Giulia Lucentini. “In mancanza di risorse, si può creare un consorzio di piccole città o associarsi a una città grande per fare ‘massa critica’. Alla messa a sistema dei piccoli centri si può anche arrivare per similarità”.
    Via Skipe è intervenuto Giovanni Carrosio, Comitato tecnico nazionale Aree interne – Dipartimento Politiche di Coesione. Tema: ‘La strategia nazionale Aree Interne’ . Nel suo intervento la sottolineatura dell’importanza di inserire il Delta del Po nelle strategie del Comitato Aree interne, deputato alle politiche di sviluppo e difesa ambientale, incentivazione delle energie rinnovabili. “Purtroppo – ha dichiarato – tante nuove economie che si sviluppano nelle aree interne non hanno un piano e il regolamento non viene applicato in maniera appropriata. Risulta, quindi, utile mantenere in collegamento le varie aree interne che, nel Delta sono 66. Le politiche di sviluppo che qui si sperimentano servono per fare osservazioni da portare all’attenzione dei Comitati nazionali.
   Sulle opportunità dello Sviluppo locale ‘Leader’ in Polesine, è intervenuta Claudia Rizzi, direttore  Gal Adige. “La strategia di sviluppo locale ‘Leader’ – collegamento fra azioni volte allo sviluppo dell’economia rurale per rivitalizzare il territorio e creare occupazione –  prevede un parternariato pubblico – privato su aree definite a livello sub regionale, strategie di sviluppo multisettoriale  e approcci innovativi” – ha anticipato.
Ha, quindi citato la necessità di realizzare progetti di cooperazione applicando l’approccio ‘dal basso all’ alto’. Una strategia il cui valore aggiunto è il coinvolgimento del territorio nelle azioni da programmare. “I due Gal – Gruppi azione locale – del Polesine – convogliano complessivamente 15 milioni e 637.158,62 euro, destinati soprattutto agli imprenditori agricoli” – ha spiegato. I due Gal, però, hanno caratteristiche diverse e, di conseguenza,strategie di sviluppo diverse. Il Gal Adige è dotato di un patrimonio artistico, archeologico e architettonico; il suo sviluppo dipende dai collegamenti viari con Verona e l’ Europa, la via del mare, i percorsi ciclabili e le eccellenze alimentari. Punti di forza le strutture ricettive e l’intermodalità; punti di debolezza: l’nvecchiamento della popolazione, scarsa informatizzazione, mancanza di percorsi turistici, impossibilità di ospitare grossi flussi di visitatori.
     Su ‘Circolarità delle risorse per lo sviluppo delle aree extraurbane’ è intervenuto Piero Pellizzaro, fondatore di ‘Climalia’. Resilienza urbana e cambiamenti climatici il focus della sua attenzione e di progettazioni nel Comune di Milano e altre città d’Italia. Esperienza che può essere trasferite anche a piccoli comuni con l’obiettivo di raggiungere la sostenibilità energetica. Esempi portati: la realizzazione di un car sharing per gli abitanti di un grosso condominio e  il cambio di illuminazione in un comune in provincia di Mantova.
  Per Francesco Ferrante, presidente Menowatt Ge, i cambiamenti climatici non sono una minaccia per il pianeta ma per la specie umana. Indispensabile contrastare l’aumento della temperatura eliminando l’impiego di energia prodotta da fonti fossili. Energie rinnovabili ed efficienza, meno rifiuti e inquinamento la ricetta per trasformare le città in Smart Cities.  Alessandra Bonfanti è intervenuta su: ‘Le nuove frontiere della green economy per i territori’. Una denuncia della incapacità di accedere ai bandi di finanziamento regionali e nazionali; su come investire le risorse e le scarse ricadute che ci sono sul territorio perché non vengono individuati i veri bisogni delle comunità e delle aree. Ha citato due milioni di case abbandonate, che potrebbero dare risposte ai cittadini, spostandoli dove ci sono opportunità di lavoro. Le diverse identità delle aree del nostro paese sono opportunità su cui investire risorse per evitare: alluvioni, frane e smottamenti, governare il patrimonio agricolo e boschivo con una progettazione fattibile e proponibile.
   Osservazioni e conclusioni a cura di Giorgio Osti, professore associato di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio al Dipartimento di Scienze politiche e sociali all’università di Trieste.
Lauretta Vignaga