Un Museo per i Fiumi. I disegni di Gabbris Ferrari per il Museo dei Grandi Fiumi.
Rovigo,  Veneto –  A quattro anni dalla morte di Gabbris Ferrari,  avvenuta il 28 marzo 2015, mercoledì, 8 maggio, in Accademia dei Concordi, è stato presentato il volume: ‘Un Museo per i Fiumi’, evento organizzato da Claudia Biasissi e Meri Veronese Ferrari, per ricordarne la figura e l’opera e mettere in evidenza il suo straordinario talento creativo, utile a ispirare i collaboratori scientifici e i tecnici impegnati con lui  nell’allestimento del museo dei Grandi Fiumi. Ad accompagnare la presentazione del volume, nella sala Mappe, della stessa Accademia, è stata allestita una mostra con i disegni originali del Maestro, visibile da giovedì  9 a sabato 25 maggio, con orario 10.00 – 12.30; domenica esclusa. Opere realizzate tra il 1998 e il 2003.
Numerosi i relatori che hanno animato il pomeriggio e tantissime le persone presenti, testimoni di amicizia, apprezzamento, ammirazione e ricordi che ciascuno custodiva. E grazie agli interventi di coloro che si sono alternati al microfono è stato possibile tracciare il profilo artistico e umano di Gabbris che spaziava dalla pittura al teatro, dalla scenografia alla regia, dalla Storia dell’arte alla produzione di testi per il teatro mutuati dalla tradizione classica. 
Alla base di uno straordinario percorso che ha toccato tutte le diverse branche dell’arte c’è un Museo, il  Museo dei Grandi Fiumi e le ragioni del suo nascere. Il tema, avviato dal dott. Pierluigi Bagatin, già direttore della Biblioteca Comunale di Lendinara, ha messo in campo la necessità di trovare una collocazione ai numerosi reperti archeologici che venivano alla luce con le prime campagne di scavi nel territorio tra Fratta e Lendinara. Sostituendo al microfono Pierluigi Bagatin, Raffaele Peretto, impegnato in prima persona negli scavi e, in seguito, per diversi anni, incaricato della direzione del Museo dei Grandi Fiumi,  ha dichiarato: “Con Gabbris ci siamo imbarcati in una grande avventura, iniziata circa  50 anni fa con il Centro Polesano di Studi Storici Archeologici Etnografici – CPSSAE  – e il primo museo nell’ex Valdisusa dove sono stati collocati i reperti dell’età romana e dell’età del Bronzo, rinvenuti nel sito di Frattesina.  Nel maggio 1979 un giornale locale  uscì con la notizia del recupero dell’ex Casa di riposo collocata nel monastero degli Olivetani, destinata a diventare parte del Museo stesso”. E ha proseguito: “Il recupero vero e proprio dell’ex convento degli Olivetani, tuttavia, inizia solo nel 1990. E si configura  in maniera definitiva il ruolo dell’archeologo sul territorio mentre si scopre un Polesine abitato dai romani ed emerge l’insediamento di Canar. Nel 1975 viene scoperta la seconda necropoli di Frattesina; a Balone una necropoli etrusca e a San Cassiano testimonianze di presenze etrusche risalenti al XIII secolo. La scoperta della villa rustica di Chiunsano, negli anni ’90 del secolo scorso, porta a ipotizzare un progetto di recupero e allestimento di un Museo di dimensione europea focalizzato sull’acqua,  ricchezza e prerogativa del  nostro territorio e di altri paesi europei, attraversati da grandi fiumi” – ha concluso Peretto. 
   Si materializza, quindi, il progetto di costruire le prime tre grandi sale – all’epoca, Gabbris Ferrari era assessore alla Cultura del Comune di Rovigo e regista teatrale.  E c’è l’ ultimo grande ritrovamento, di sicuro il più importante: il sito di Campestrin, a Grignano, punto di eccellenza per la lavorazione e il commercio dell’ambra, proveniente dai Paesi Baltici,  che, lungo il Mediterraneo raggiungeva i mercati d’Oriente.  Con il commercio dell’ambra nasce anche il mito di Fetonte e dell’Eridano.   All’inizio il Museo era punto di riferimento per studenti e ricercatori ed erano consistenti i contributi dalla Regione Veneto. Poi l’amministrazione comunale cambia e tutto viene ridimensionato: dallo staff  all’incarico di allestimento dell’età romana affidata ad un esterno, al finanziamento che viene affidato al Comune. Quindi arriva un progetto di collaborazione Italia – Slovenia e Gabbris continua ad occuparsi di allestimenti scenografici e il periodo del Cinquecento resta fuori perchè non previsto dal progetto di cooperazione. Gabbris si sposta da una sala all’altra come gli uomini primitivi si spostano nei diversi territori d’Europa. I boschi vengono distrutti e sostituiti dai campi coltivati.
L’anno prossimo il Museo compie 40 anni; una data che coincide con 1100 anni dal primo documento che certifica l’esistenza di Rovigo. Per tale data Peretto auspica una ulteriore valorizzazione e arricchimento del Museo e, magari, l’aggiunta di una sezione dedicata al Novecento.       L’intervento di Giuseppe Marangoni referente dell’associazione CE.Di, Turismo e Cultura, del  gruppo giovani del CTG e di altre iniziative culturali, ha ricordato il momento di passaggio del Museo dalla ex Valdisusa nell’ex convento dei monaci Olivetani e le tante attività e proposte culturali che nascevano per dare una configurazione alla struttura in fase di restauro. Ha citato il ‘Simposio verso il Museo dei Grandi Fiumi’ che riunì un grande numero di partecipanti. Gabbris Ferrari, intanto, tracciava segni e  progetti e scriveva didascalie per i suoi disegni che erano, a loro volta, un percorso logico di conoscenze teoriche e manualità. Uno staff molto valido, con giovani che lavoravano con entusiasmo, quasi senza sosta,  portava avanti il tutto. L’idea dominante era quella di creare un Museo adeguato ad una città capoluogo, centro di ricerca e rapporti con altre importanti città e Università europee e collegato con il Parco del Delta del Po.
Massimo Contiero, già direttore artistico del Teatro Sociale, ha ricordato la collaborazione teatrale con Gabbris, la sua passione per l’arte e i rapporti di amicizia che li hanno uniti.
Con Ivana D’Agostino, storica dell’arte e docente di Storia del Costume all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove aveva svolto il ruolo di docente anche Gabbris Ferrari, l’attenzione si è spostata sul profilo artistico e umano del Maestro; sulla sua pittura, la passione per la scenografia e la preparazione che aveva acquisito negli anni di insegnamento a Urbino dove aveva maturato l’idea di collegare fra loro i diversi centri di produzione di cultura sul territorio e metterli in rete per collegarli alle forze economiche e culturali esistenti. “L’indagine negli archivi ha portato alla scoperta di 12 fogli  dove Gabbris parla di fermare l’esodo degli intellettuali dalla provincia di Rovigo e sottolinea l’importanza della formazione universitaria” – ha precisato la docente –  “e di  altri 8 fogli autografi dove Gabbris  denuncia lo stop, giunto ormai a cinque anni, dei lavori di realizzazione e completamento del Museo dei Grandi Fiumi, fermi alla sezione romana”.
Alla realizzazione e pubblicazione dell’opera hanno contribuito, tra gli altri, la Fondazione Banca del Monte presieduta dal prof. Luigi Costato, la Fondazione Rovigo Cultura, rappresentata dalla dott. Valentina Noce.
Lauretta Vignaga