La quercia di Dante. A Palazzo Roncale ‘Visioni dell’inferno’, fino al 28 giugno prossimo.

Rovigo, Veneto –    Un evento insolito e, a suo modo, straordinario, quello, attualmente, allestito a Palazzo Roncale. Una vicenda storica che mette in relazione la figura di Dante Alighieri, il nostro sommo poeta, con il territorio del Polesine quando era ancora un luogo ricco di foreste e di acque non regimentate da alvei. Un percorso che Dante affrontò nell’estate del 1321, tornando da Venezia  e diretto a Ravenna per consegnare un’ambasciata al Podestà Guido  Novello da Polenta, padre di quella Francesca da Rimini che Dante ci fa incontrare nel canto V dell’Inferno.  Il buio della notte e il percorso periglioso disorientano il poeta in cammino verso la pieve di san Basilio dove avrebbe sostato, ospite dei monaci.  Per ritrovare la strada, Dante si arrampica su una quercia gigantesca; una pianta secolare che aveva resistito a tempeste e inondazioni, giungendo  fino ai giorni nostri, al 1976, quando venne colpita da un fulmine. Il suo tronco, enorme, resistette fino al giugno del 2013, quando cadde al suolo.
A quasi 700 anni dalla morte di Dante i due fatti sono stati riuniti insieme in un unico progetto che si apre con la collocazione, nella sala a piano terra di palazzo Roncale,  di una parte del tronco spaccato a metà della quercia di San Basilio, davanti alla quale si stende il telo bianco che, come un sudario, l’ha avvolta dopo il crollo. Realizzata dall’artista Miranda Greggio, che l’ha chiamata ‘Cortex’, l’istallazione è una reliquia delle enormi radici della quercia di Ariano Polesine. Mentre sul telo bianco sono riprodotti i segni della corteccia della pianta, ottenuti  con una antica tecnica di pittura chiamata ‘Frottage’, ottenuta sfregando il telo con dell’erba fresca.  Il tutto misura 25 metri.
Salendo al piano superiore, ‘Visioni dell’Inferno’ , raccolta di opere grafiche e pittoriche ispirate dalla prima Cantica del poema dantesco, l’Inferno’, la parte più coinvolgente e rilevante dal punto di vista emotivo, ci confrontiamo con le opere di tre artisti che le hanno usate a commento  dei 33 canti dell’Inferno, a cui si aggiunge il ‘Prologo’ che narra la discesa nelle viscere della terra di Dante e della sua guida, Virgilio, fino al cospetto di Lucifero.
Si inizia con le opere di Gustave Doré: 75 incisioni, rappresentative dell’ Ottocento e considerate il suo capolavoro.  Seguono  le opere dell’americano Robert Rauschenberg, artista del Novecento e precursore della Pop Art.  A rappresentarlo 34 opere che raccontano la Cantica dantesca con un linguaggio vivo e contemporaneo, vivezza di idee  e le posizioni in cui credeva, oltre alle forti critiche che muoveva all’umanità del suo tempo. Tipica delle sue realizzazioni la tecnica del ‘transfer drawing’, cioè la trasposizione su fogli, con l’uso di solventi, di immagini prese da giornali e riviste, su cui poi interviene con acquerelli, tempere e matite.  Da parte sua, Brigitte Brand presenta la sua versione degli Inferi danteschi fissando l’occhio sull’età contemporanea, che viene presentata, per la prima volta, al pubblico con questa mostra. Una raccolta dei suoi appunti visivi sulla commedia umana osservata alle diverse latitudini del pianeta, con i luoghi e le figure della prima Cantica del Poema.
In mostra sono presenti anche alcune preziosissime edizioni del capolavoro di Dante, pubblicate tra il 1500 e il 1800, custodite dall’ Accademia dei Concordi e dalla biblioteca del Seminario vescovile di Rovigo. Attraverso i cerchi infernali dei tre artisti vengono proposte visioni dell’Inferno molto originali  e capaci di sorprendere, come dimostra ‘l’Inferno di Dante’, opera di Patrick  Waterhouse  e Walter Hutton, realizzate per ‘Fabrica’; e ancor più ‘L’Inferno di Topolino’, di cui è esposta la prima edizione e l’albo d’oro, parodia e fumetti della Divina Commedia, scritta in terzine ed endecasillabi con protagonisti Topolino- Dante  e Pippo – Virgilio.
Lauretta Vignaga